Le fondazioni sono enti costituiti tramite atto pubblico (art. 14 c.c.). Di queste è possibile disporre tramite testamento, come sottolinea il secondo comma dello stesso articolo.
Atto costitutivo e caratteristiche
È bene innanzitutto precisare che il negozio istitutivo della fondazione, per essere valido ed efficace, deve contenere l’indicazione dello scopo, come impone l’art. 16 c.c. Lo scopo deve essere determinato e non generico o imprecisato (Cass., sez II, 27 febbraio 1997, n. 1806). Tale principio si estende anche alle “ipotesi di fondazione disposta con testamento”, come sottolinea la stessa pronuncia.
Secondo la Suprema Corte, inoltre, “il negozio di fondazione integra un atto di autonomia privata, che non partecipa della natura del provvedimento amministrativo di riconoscimento, ma è regolato in relazione alla sua validità ed efficacia dalle norme privatistiche e genera rapporti di diritto privato e posizioni di diritto soggettivo” (Cass., S.U., 26 febbraio 2004, n. 3892). Pertanto, le controversie che riguardano la validità o l’efficacia dell’atto costitutivo di una fondazione rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, anche dopo l’avvenuto riconoscimento della personalità giuridica.
A differenza di quanto avviene nelle associazioni, nelle fondazioni l’atto costitutivo si estrinseca in un atto unilaterale, mentre nell’associazione assume natura contrattuale. Appare in ogni caso indiscusso che le fondazioni godano di personalità giuridica.
Come sancisce l’art. 15 c.c., “l’atto di fondazione può essere revocato dal fondatore fino a quando non sia intervenuto il riconoscimento, ovvero il fondatore non abbia fatto iniziare l’attività dell’opera da lui disposta”, escludendosi la trasmissibilità agli eredi di tale facoltà (art. 15, comma 2).
Gestione delle fondazioni
Gli amministratori gestiscono il patrimonio e la realizzazione dello scopo. L’art. 18 c.c. stabilisce che la responsabilità nei confronti dell’ente risiede proprio in questi soggetti, i quali rispondono verso le fondazioni secondo le norme del mandato. Resta esclusa, tuttavia, la responsabilità in capo agli amministratori che non hanno partecipato all’atto che ha causato il danno. Affinché siano esonerati dalla responsabilità, è necessaria la manifestazione del loro dissenso a riguardo.
Nelle fondazioni non è prevista alcuna assemblea, e gli amministratori gestiscono l’ente in piena autonomia. Il controllo esterno sull’operato di questi ultimi, nelle fondazioni, avviene grazie alla vigilanza dell’autorità governativa, la quale provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti nel caso in cui le disposizioni di cui all’atto di fondazione siano inattuabili (art. 25 c.c.). La pubblica amministrazione, dopo aver sentito gli amministratori, può annullare “le deliberazioni contrarie alle norme imperative, all’atto di fondazione, all’ordine pubblico e al buon costume” e se necessario, può “sciogliere l’amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto e dello scopo della fondazione o della legge”.
Interessante risulta la possibilità che la legge riconosce all’autorità governativa di disporre il coordinamento dell’attività di diverse fondazioni, potendo, nel rispetto della volontà del fondatore, unificare la loro amministrazione (art. 26 c.c.).

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Estinzione, trasformazione e liquidazione
La persona giuridica delle fondazioni si estingue per le cause previste nell’atto costitutivo e nello statuto, oppure per il raggiungimento dello scopo o per impossibilità sopravvenuta dello stesso, come stabilisce l’art. 27 c.c.
In ogni caso, l’autorità governativa può trasformare la fondazione nel miglior rispetto della volontà del fondatore, “quando lo scopo è esaurito o divenuto impossibile o di scarsa utilità, o il patrimonio è divenuto insufficiente” (art. 28, comma 1, c.c.) possibilità esclusa dalla legge nel caso in cui i fatti che darebbero luogo alla trasformazione “sono considerati nell’atto di fondazione come causa di estinzione della persona giuridica e di devoluzione dei beni a terze persone” (art. 28, comma 2, c.c.).
L’autorità governativa, nella circostanza che alcuni beni residuino dopo la liquidazione, può decidere anche in merito all’attribuzione di questi ad altri enti che perseguono fini simili.
Antonio Belli
Praticante avvocato abilitato al patrocinio
Iscritto nel Registro dei Praticanti Abilitati dell’Ordine degli Avvocati di Roma