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Test del lattato

Il test del lattato di Faraggiana-Gigliotti si differenzia da altri test perché oltre a essere interessante dal punto di vista teorico, può risultare anche utile a fini più pratici. In effetti, la stragrande maggioranza dei test da campo appartengono più alla fisiologia dello sport che all’allenamento. È, per esempio, il caso del test di Conconi, importantissimo ai fini teorici, ma scarsamente utile (dopo l’euforia iniziale) ai fini pratici. Infatti la soglia anaerobica può essere desunta più facilmente con altri metodi, praticamente indispensabili quando la curva di deflessione del test non è del tutto evidente o quando il test non viene eseguito correttamente e i dati non sono affidabili.

Il limite maggiore del test di Conconi e di altri test da campo è che per essere affidabili devono svolgersi con l’atleta in ottimo stato, proprio come se dovesse affrontare una competizione. Test eseguiti con atleti stanchi per i carichi di lavoro danno ovviamente esiti del tutto inutili.

Perché quindi un test sia utilizzabile nel periodo di allenamento deve anche essere sufficientemente allenante in modo da non sprecare giorni preziosi: deve cioè poter essere inserito come una seduta allenante. Se per il test di Conconi ciò non è possibile (il test in sé è troppo blando, anche se richiede la massima freschezza atletica), lo è per il test di Faraggiana-Gigliotti.

Come si svolge il test del lattato di Faraggiana-Gigliotti

Test del lattato di Faraggiana-GigliottiIl test del lattato si svolge correndo una serie di cinque (il numero classico) 2000 metri (a velocità costante!), ognuno dei quali a una velocità di 5″/km inferiore con 30″ di recupero fra una prova e l’altra. Alla fine della prova viene prelevato un po’ di sangue (dal lobo dell’orecchio o dal polpastrello) e con apposita strumentazione si misura la concentrazione di lattato.

La distanza di 2000 metri è ottimale perché consente già di avere un buon equilibrio metabolico e consente di avere almeno 5 ripetizioni. Inoltre un 5×2000 m è un allenamento decisamente inseribile in ogni programma. Il primo 2000 m deve essere corso a una velocità superiore di 20″/km a quella che si suppone l’atleta riesca a tenere nella maratona.

Analizzando la curva che si ottiene si vede che il lattato resta costante fino a una certa velocità, poi inizia a salire.

Al di là di ogni altra elaborazione, il test di Faraggiana-Gigliotti è importante soprattutto per il maratoneta. Non sono esatte le affermazioni di Foerenbach, Mader e Hollman che ritengono che un maratoneta corre la gara con una concentrazione di lattato di 2,5 mmol/l. È una semplificazione troppo grossolana, essendoci differenze da atleta ad atleta. Concordando con l’interpretazione di Fiorella (1998):

la massima velocità a cui la concentrazione di lattato resta costante è quella a cui l’atleta può correre la maratona.

Spingendoci oltre, per l’amatore che esegue il test è importante rilevare che

il test del lattato di Faraggiana-Gigliotti è una condizione necessaria, non sufficiente per determinare la velocità della maratona.

Infatti è necessario che il runner possieda la potenza lipidica sufficiente per terminare la prova, sia cioè abituato a bruciare una quantità di grassi sufficienti per poter preservare le scorte di carboidrati e arrivare alla fine. Se per un professionista ciò è quasi sempre vero, per un amatore spesso non lo è a causa di un allenamento approssimativo.

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