Le quattro età del runner sono facilmente identificabili con un esame attento della popolazione di chi corre; a differenza dell’età naturale, non è detto che il singolo individuo le passi tutte e quattro. Si tratta cioè di età potenziali.
Il principiante
Chiunque inizia a correre non può che definirsi principiante; se è vero che chi proviene da altri sport potrebbe subito iniziare alla grande, è anche vero che senza gradualità si rischiano molti infortuni.
Il principiante (o il jogger, che è una forma evoluta di principiante) corre senza una precisa attenzione alla prestazione. Che inizi a correre da sedentario o che passi alla corsa da altri sport per lui la cosa più importante è prendere familiarità con la corsa.
Questa condizione può durare qualche settimana, diversi anni o per tutta la vita. Ricordiamo:
senza attenzione alla prestazione non si può parlare di running.
Il recordman
Realisticamente quando si evolve dalla condizione di principiante si incomincerà a migliorare; si entra cioè nella fase del recordman, concetto così importante che a esso è dedicato un intero articolo.
L’immortale
Cosa accede quando non si migliora più?
Un vecchio giocatore di scacchi mi raccontò una volta come la cosa più difficile da gestire della sua carriera fosse stata la collinetta. Il termine si riferiva all’andamento della sua prestazione agonistica, lentamente crescente fino a un massimo e poi lentamente decrescente. Mi disse che, nel momento in cui si accorse che le sue prestazioni stavano calando, per ben tre anni non giocò più a scacchi.
Lo stesso concetto è presente nel mondo della corsa amatoriale. Abbiamo già visto come gestire un calo di prestazione temporaneo. Più difficile è gestire la collinetta, cioè un calo di prestazione definitivo. A questo punto esistono tre strade ben distinte; l’atleta ha tre possibilità:
- abbandona la corsa;
- attraversa una fase intermedia in cui la prestazione è ancora importante;
- incomincia a correre solo per la salute.
La seconda fase è tipica dell’immortale. Poiché con l’età di può peggiorare pochissimo (diciamo attorno ai 2″/km attorno ai 50 anni), soprattutto se l’atleta non è ottimizzato (come peso, quantità e qualità degli allenamenti), un ulteriore miglioramento di parametri non collegati all’età può fargli credere che non peggiorerà mai o che il peggioramento sia così minimo da ritenersi non importante ai fini del suo rapporto con la corsa.
Ciò porta il soggetto a permanere nella dimensione agonistica con lo stesso spirito del recordman. In ciò non c’è nulla di sbagliato. In fondo siamo nella stessa condizione del professionista che, amando la corsa, continua a gareggiare anche se sa che non vincerà più le olimpiadi.
Il vero problema nell’amatore è che la mancata consapevolezza dell’inevitabile declino lo porta spesso a comportarsi nella maniera opposta a quella desiderabile. Infatti per durare il più a lungo possibile in questa fase sono necessarie due componenti: la specializzazione e la progressione annuale.
La specializzazione
- attenua l’invecchiamento con l’età (perché il corpo resta sempre concentrato sugli stessi stimoli);
- consente di allenarsi con meno tempo a disposizione (perché le tipologie di allenamento sono minori);
- minimizza la possibilità di infortunio (spesso dovuto all’esecuzione di qualcosa di nuovo o comunque di non usuale).
Notiamo come alcuni amatori tendano invece a fare l’esatto contrario. Appena le prestazioni calano, diversificano. Secondo alcuni ciò dovrebbe aiutare ad annoiarsi di meno, ma quando si ritorna ciclicamente su una distanza, ecco che il divario è enorme e anche chi ha le fette di salame sui propri occhi non può non notarlo con conseguente ulteriore depressione della motivazione.
Ecco alcuni esempi di specializzazione:
- gare in pista fino a 3000 m
- dai 3000 m a gare su strada fino a 8 km
- 5000-10000 m e gare su strada fino a 12 km
- dai 10000 m alla mezza
- mezza maratona
- maratona
- campestre
- corsa in montagna (dai 10 ai 20 km)
- ecc.
La progressione annuale tende a limitare il problema che l’atleta comunque cala in prestazione, anche se specializzato. Il fulcro del concetto di progressione annuale è mostrato dall’entusiasmo psicologico degli atleti che, dopo un infortunio, migliorano comunque velocemente. Nonostante non abbiano la certezza di tornare come prima, ecco che sono resi euforici dai miglioramenti sostanziosi che verificano dopo il periodo di stop. Questa condizione psicologica ben si addice al recordman.
La progressione annuale consiste pertanto nell’iniziare la stagione con un periodo di relativo scarico per poi ricostruire la stagione in modo scientifico. L’obiettivo non sarà più il record, quanto arrivare il più vicino possibile al risultato della precedente stagione. Incredibilmente nell’amatore questo obiettivo funziona altrettanto bene come lo stimolo del record e permette di concentrarsi per vivere al meglio la corsa e il programma di allenamento.
Il periodo di scarico di solito coincide con il periodo più difficile dell’anno (per esempio il mese invernale più freddo); può essere di assoluto riposo (nel qual caso non dovrebbe superare le tre settimane), di diversificazione (per esempio orientato ad altre attività come il nuoto o la palestra) o di relativo mantenimento con riduzione del chilometraggio settimanale (anche del 50-65%) e dell’intensità (per esempio solo fondo lento).
Poi per un altro anno… si torna a fare sul serio!
Il wellrunner
La fase dell’immortale può durare qualche anno, fino a una decina, ma poi anche l’ottimista più incallito dovrà rendersi conto che il divario della sua massima prestazione è enorme.
Realisticamente quando il peggioramento al km è arrivato a 30″ si dovrebbe passare nelle file dei wellrunner.
Cosa cambia? Che diventa fondamentale correre per la salute, quindi evitare gli infortuni (che magari bloccano per mesi) è imperativo.
Si corre per stare bene, per avere un fisico reattivo e in linea con le procedure di allenamento che sono tipiche di un’età avanzata. Niente vieta di dare un occhio alla prestazione che però non diventa il fine, ma un semplice mezzo di controllo della propria efficienza.