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Funzione polmonare e prestazione

In questo articolo analizzeremo il rapporto tra funzione polmonare e prestazione. Dal momento che i parametri polmonari esprimono quantitativamente le prestazioni del nostro sistema di respirazione, e che la respirazione è una funzionalità importante per l’apporto di ossigeno ai muscoli coinvolti nell’attività fisica, sembra facile concludere che valori di parametri polmonari eccellenti corrispondono a ottimi atleti e/o viceversa. In realtà, questo ragionamento è errato, in quanto si è visto che solo pochi parametri polmonari assumono valori rilevanti (e differenti) nel caso di atleti, rispetto a una popolazione di riferimento (di sedentari).

Vediamo in dettaglio come si modificano i vari parametri polmonari nelle stime effettuate su atleti e se possono servire per misurare le prestazioni. Per le definizioni degli indici polmonari si rimanda all’articolo corrispondente.

I parametri polmonari indice di prestazione atletica

Capacità vitale – Come già sottolineato nella definizione di capacità vitale, questo parametro polmonare è strettamente correlato ad età, sesso e corporatura (altezza, peso) ed è ben poco influenzato dall’allenamento e dalle capacità fisiche individuali (prestazioni). Infatti, anche se giocatori di baseball e sciatori di fondo posseggono valori di capacità vitale più elevata rispetto a soggetti di campioni tra giovani maschi e femmine (studenti) (7,6 L per gli sciatori e 8,1 L per i giocatori di baseball, rispetto a valori più bassi di 4-5 L) , si è anche visto che

valori di capacità vitale di atleti di football americano sono stati misurati in percentuali comprese tra 83% e 94% rispetto a valori tipici per campioni non atleti della stessa età, sesso e taglia corporea.

Questo dato mette in luce che valori alti di capacità vitale non necessariamente indicano prestazioni atletiche che si discostano da quelle di sedentari.

Inoltre:

a parità di età e taglia, si è visto che atleti di maratona non presentano differenze significative nei valori di capacità vitale rispetto a sedentari.

L’unico caso in cui si è notato un aumento rilevante dei parametri polmonari statici in seguito ad attività sportiva è quello di nuotatori e tuffatori, in cui l’allenamento induce sicuramente una modifica ai muscoli ispiratori e l’azione dell’acqua sul torace esercita una forza che è assente negli altri sport. In questo caso il parametro interessato era la capacità vitale, risultata superiore rispetto alla popolazione di riferimento.

Altri parametri polmonari – Anche altri parametri polmonari, come la capacità vitale forzata, la capacità polmonare totale e la massima ventilazione volontaria, oltre alla ventilazione polmonare a riposo e la frequenza respiratoria non hanno mostrato alcuna variazione significativa in soggetti atleti e soggetti di riferimento sedentari.

Per tutti questi motivi, si può concludere che

la prestazione sportiva nella corsa non risulta influenzata in modo significativo dai valori dei volumi polmonari, fin tanto che si mantengono negli intervalli non patologici (ovvero non sono significativamente bassi a causa di malattie del polmone).

Funzione polmonare e prestazione

Non ci sono differenze significative negli indici funzionali respiratori fra atleti di fondo e sedentari.

Effetto dell’allenamento e/o dell’attività fisica su parametri polmonari

Se gli atleti possono presentare valori di funzionalità polmonare del tutto “normali”, ciò non significa che l’allenamento non possa intervenire modificandoli. Si può fare distinzione tra effetti a breve termine effetti a lungo termine.

Effetti a breve termine – Sono effetti transitori, in cui i valori di alcuni parametri polmonari aumentano durante l’esercizio fisico e/o permangono più alti rispetto a valori normali nelle ore che seguono. Un esempio è il volume polmonare residuo (VR) che, si ricorda, misura il volume dell’aria rimasta nei polmoni al termine di una espirazione massimale. Si è verificato che il suo valore aumenta in seguito a un esercizio fisico intenso, sia di breve sia di lunga durata (una maratona). Tale valore è particolarmente significativo a breve termine, secondo la seguente tabella:

Valore polmonare residuo

Tempo di stimaAumento % del volume polmonare residuo
5 minuti dopo il termine dello sforzo21%
15 minuti dopo il termine dello sforzo17%
30 minuti dopo il termine dello sforzo12%

Tale aumento però è di breve durata in quanto 24 ore dopo lo sforzo il valore del parametro torna a livelli normali.

Effetti a lungo termine – Si tratta di effetti qualitativi, non correlati cioè a una variazione misurabile ed effettiva di valori di parametri polmonari, quanto a una maggiore resistenza alla fatica e a una capacità più alta di mantenere valori di parametri dinamici elevati per un periodo di tempo più lungo. Infatti, parte della sensazione di fatica legata alla respirazione durante l’attività fisica (il famoso “fiatone“) è legato allo stato di allenamento dei muscoli inspiratori (diaframma, intercostali, scaleni). Il loro compito è quello di espandere la cavità toracica, sollevando le coste e facendo discendere il diaframma. Poiché si tratta di una lavoro meccanico muscolare, l’attività fisica intensa può causare un affaticamento di tali muscoli, che perdono l’efficacia nella contrazione.

Lo scopo dell’allenamento non si traduce quindi nella variazione dei parametri polmonari, ma in una maggior allenamento dei muscoli respiratori che sono in grado di mantenere prestazioni sotto il massimo di valori di ventilazione per intervalli di tempo più lunghi. Ciò significa anche che, a parità di tempo, la sensazione di fatica (fiatone) diminuisce nei soggetti allenati. La diminuzione della sensazione soggettiva di fatica respiratoria è un fenomeno ben noto non solo agli atleti principianti, ma anche ai cantanti lirici, in cui gli unici muscoli utilizzati sono proprio quelli respiratori (il diaframma principalmente) e che notano un notevole effetto di adattamento alla fatica aumentando l’allenamento alla tecnica vocale e respiratoria.

Volendo caratterizzare l’allenamento dei muscoli respiratori con qualche parametro quantitativo, occorre considerare, come ogni lavoro muscolare, la concentrazione di acido lattico nei muscoli respiratori e l’aumento della loro capacità aerobica. In particolare,

l’allenamento dei muscoli respiratori provoca una diminuzione della loro concentrazione dell’acido lattico al termine dell’esercizio fisico e un aumento della loro capacità aerobica.

Per cercare di compensare la fatica muscolare legata alla respirazione, i soggetti assumono una posizione tipica che facilita la meccanica della respirazione: il busto si flette in avanti, con il tronco flesso e non più verticale, il collo è piegato in avanti e la bocca è aperta per portare la mandibola in posizione parallela al terreno. Questo fenomeno si osserva spesso nelle prove di corsa sulle lunghe distanze, per esempio nei maratoneti, e in molti soggetti affetti da patologie respiratorie che limitano la ventilazione. Sembra infatti che questa posizione faciliti il lavoro meccanico di abbassamento del diaframma e innalzamento delle coste, oltre a favorire il ritorno venoso al cuore.

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