L’uso del cardiofrequenzimetro è molto diffuso fra i runner che corrono le lunghe distanze. L’impressione più evidente è che l’impiego non sia tanto orientato a ottimizzare la prestazione, quanto ad avere un “amico” che possa prevenire le paurose crisi tipiche delle maratone (come, per esempio, il classico “muro della maratona“).
La tabella sottoriportata ha proprio lo scopo di dimostrare che una tale speranza è piuttosto ottimistica. I dati che seguono sono quelli di un runner poco allenato alla distanza (gara di 32,3 km circa). Per semplicità sono stati riportati ogni 5 km, ma l’analisi km per chilometro arriva agli stessi risultati.
Cardiofrequenzimetro e lunghe distanze
Frazione | Tempo frazione | FC_Max |
1 | 4.47.03 | 163 |
5 | 4.30.05 | 171 |
10 | 4.30.03 | 172 |
15 | 4.56.02 | 173 |
20 | 4.44.04 | 174 |
25 | 4.52.06 | 173 |
28 | 5.32.01 | 172 |
30 | 6.02.02 | 168 |
31 | 5.34.04 | 168 |
32 | 5.27.09 | 169 |
33 | 1.36.06 | 173 |
Come si vede la crisi inizia al ventottesimo km. Si nota subito che la frequenza cardiaca diminuisce di qualche battito, ma il ritmo al km peggiora di circa 40″/km. Ciò significa che in quel momento il collo di bottiglia non è il cuore o il sistema cardiocircolatorio, bensì il sistema energetico: è finita la “benzina” e il runner va KO.
Mai come in questo esempio si deve considerare il cardiofrequenzimetro come un semplice contagiri che non dà nessun altra indicazione, né sulla marcia usata né sulla benzina rimasta.
Il cardiofrequenzimetro deve essere usato per allenarsi, in alternativa o contemporaneamente al cronometro
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