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Maratona: il programma soft

Molti nostri lettori ci hanno chiesto (e continuano a chiederci) un programma soft per la maratona; il motivo della loro richiesta è, nella quasi totalità dei casi, legato al poco tempo che, per un motivo o per un altro, hanno a disposizione per la preparazione.

Ma è possibile correre bene una maratona (cioè senza finire strisciando) avendo poco tempo per allenarsi? Una risposta sensata sarebbe “no”, ma può modificarsi in un “nì” se ci si accontenta di finire la gara, senza ambizioni cronometriche.

Per capire come fare, è necessaria una premessa che tratta di un argomento fondamentale per il maratoneta, talmente importante che è stato trattato a parte, si consulti pertanto l’articolo relativo: Il tempo di esaurimento.

Da Galloway in poi

Sono circa 40 anni che la maratona è diventata un fenomeno di massa, da quando a partire dalla metà degli anni ’70 del secolo scorso si incominciò a gareggiare nelle grandi città come New York, Londra, Berlino e uscirono i primi veri testi orientati al running per tutti (Complete Book of Running di J. Fixx è del 1977; in Italia uscì nel 1980, edito dalla Sonzogno, con il titolo Il libro della corsa).

I programmi di Jeff Galloway* (1984) introdussero il concetto di preparare la maratona correndo molto lentamente, un concetto oggi decisamente superato, ma allora abbastanza efficace per il semplice fatto che molti amatori svolgevano un carico allenante veramente modesto. In particolare, per tutti coloro che volevano finire la maratona in 4 ore, Galloway proponeva di utilizzare il cammino come elemento fondamentale dell’allenamento, per esempio (atleti principianti) alternando 2 minuti di corsa e 2 di cammino. Durante la settimana non si superavano mai i 7 km per seduta, il sabato si riposava e la domenica si faceva il “lunghissimo” che in 26 settimane di preparazione passava da 7 a 42 km (solo all’inizio e nella fase finale di scarico si poteva camminare).

Oggi il programma di Galloway (corretto in una seconda edizione del 1996) può sembrare bizzarro, ma in realtà consente di:

  • non stressare il principiante che iniziava a correre con l’unico obiettivo (molto sfidante) di finire una maratona;
  • abituare l’organismo comunque gradatamente fino ad arrivare al chilometraggio della gara;
  • abituare l’organismo a bere senza problemi (per esempio nella fase di cammino);
  • applicare idee fisiologicamente corrette sul tempo di esaurimento.

Oggi si troverebbero diverse critiche al programma originario di Galloway:

  • è ormai risaputo che è opportuno passare attraverso la preparazione di distanze intermedie;
  • 26 settimane di preparazione per una maratona sono decisamente troppe per un amatore;
  • il lunghissimo lento ha senso solo se l’unico obiettivo è finire la gara.

Si deve però riconoscere che

se un soggetto non riesce a correre una maratona arrivando correttamente preparato a essa, l’approccio fisiologicamente più corretto è quello di Galloway.

Prepararsi correttamente alla maratona significa sostanzialmente essere meccanicamente ed energeticamente pronti per affrontarla. Se il soggetto non riesce a svolgere una mole di lavoro sufficiente (diciamo 70 km alla settimana) con lunghissimi adeguati (almeno 3 lunghissimi oltre i 32 km nelle ultime otto settimane) ci sono molte probabilità che arrivi a sbattere contro il muro del trentesimo chilometro, soprattutto se partirà a un ritmo maratona compatibile con il suo tempo sui 10000 m (30-40″/km più lento della velocità che tiene sui 10 km).

Maratona il programma soft

È possibile correre bene una maratona avendo poco tempo per allenarsi? Sì, ma si deve utilizzare un programma “soft”

Un programma soft per la maratona: la nostra proposta

In base alle considerazioni espresse nell’articolo sul tempo di esaurimento (il tempo in cui un soggetto arriva all’esaurimento delle sue risorse fisiche in una determinata prova), realisticamente, con un programma molto soft (per esempio 3 uscite settimanali, per un totale di 50 km alla settimana con un lunghissimo massimo di 25 km), il soggetto non avrà riserve per più di 30 km e avrà imparato a bruciare i grassi solo marginalmente (avrà cioè sviluppato una bassa potenza lipidica).

Pertanto durante la gara dovrà sforzarsi di seguire il consiglio di Galloway, magari in modo più moderno. Supponendo che sia in grado di correre i 10000 m in 44′-45, gli proporrei qualcosa del genere:

  • 10 km a 5’10″/km
  • 2 km al passo (idratazione e carboidrati)
  • 10 km a 5’10″/km
  • 2 km al passo (idratazione e carboidrati)
  • 10 km a 5’/km
  • 2 km al passo (idratazione)
  • 6 km a 5’/km.

Realisticamente riuscirà a chiudere attorno alle 4h30′.

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* Jeff Galloway è un atleta e scrittore statunitense; ha partecipato come maratoneta alle Olimpiadi di Monaco del 1972 ed è autore del noto testo Il libro completo della corsa (Galloway’s book on running).

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