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Relazione fra età e prestazione

Qual è la relazione fra età e prestazione? Nell’articolo teorico sull’invecchiamento abbiamo visto che con l’età la prestazione peggiora. Il difficile è definire praticamente di quanto essa peggiori!

Purtroppo non esistono ancora certezze, anche se il grado di approssimazione si riduce sempre più grazie alla mole di dati che vengono raccolti a livello mondiale sull’attività di runner ormai attempati. Purtroppo i dati non sono pienamente significativi perché spesso si riferiscono ad atleti che non sono mai stati campioni in assoluto e che magari hanno stabilito il record della loro categoria solo perché in quel momento si sono trovati sotto i riflettori e hanno “dato tutto”; viceversa, campioni a 30 anni hanno poi smesso l’attività perché logorati da una lunga carriera e non si può sapere se avrebbero potuto sbriciolare gli attuali record master.

Sinteticamente, i parametri che più contano per la prestazione sono:

  1. Allenamento
  2. Motivazione
  3. Peso
  4. Infortuni.

Il primo punto è ovvio: se cala il valore dell’allenamento (qualitativamente o quantitativamente), una parte del calo della prestazione è da attribuire alla diminuita efficacia dell’allenamento. I punti 2 e 4 sono la causa indiretta più frequente di una diminuzione dell’efficacia dell’allenamento, anche se non si deve sottovalutare una diminuzione in sé dovuta proprio all’età (minori capacità di recupero).

Il punto 2 è legato alla psicologia del soggetto, ma spesso si nota un calo una volta che, con l’età, l’amatore è uscito dalla fase del recordman. In genere il calo di motivazione può non esserci o essere molto contenuto solo se la prestazione è sostituita da altre notevoli gratificazioni (per esempio i risultati di categoria).

Il punto 3 è quello che riguarda soprattutto gli atleti di punta in giovane età. Paradossalmente, a differenza di molti amatori di medio livello, sono soggetti meno attenti all’alimentazione, forse anche perché qualche chilo di troppo non vieta loro di eccellere comunque nelle categorie amatoriali.

Il punto 4 è responsabile di invecchiamenti a gradino; in occasione di infortuni particolarmente gravi e di lunghi periodi di inattività totale (superiori ai due mesi) l’invecchiamento accelera.

Dopo circa 20 anni di raccolta dati, è possibile comunque formulare una tabella d’invecchiamento ottimale molto attendibile.

“Ottimale” significa che ben pochi riescono a rispettarla (dovrebbero gestire al meglio i quattro punti sopraccitati), ma che esistono atleti “eccezionali” per i quali è verificata. Convenzionalmente si fissa l’inizio della fase d’invecchiamento a 30 anni, ma tale età è solo indicativa, come media con estremi significativamente presenti nella popolazione a 25 anni (invecchiamento precoce) o 35 (invecchiamento tardivo).

  • Dai 30 ai 40 anni: 0,5″/km.
  • Dai 40 ai 50 anni: 1,5″/km.
  • Dai 50 a 60 anni: 2″/km.
  • Dai 60 ai 70 anni: 3″/km.

Così un atleta che per esempio a 45 anni corre i 10 km a 4’/km, a 60 anni li dovrebbe ottimalmente correre a 4’27″5/km.

Come detto, questo è l’invecchiamento ottimale. Non devono essere ottimisti tutti coloro che sembrano immuni dall’invecchiamento solo perché nel tempo sono migliorati i fattori 1, 2 e 3 (allenamento, motivazione e peso); si consideri per esempio un jogger che inizia a correre una maratona a 30 anni, poco allenato, sovrappeso e con scarsa esperienza. Negli anni ci prende gusto e a 50 anni con un allenamento e un fisico perfetto corre la maratona più veloce che a 30 anni, simulando un invecchiamento addirittura negativo, cioè un ringiovanimento!

relazione fra età e prestazione

Dopo i 50 anni solo un’esigua percentuale di sportivi riesce ad avere un invecchiamento ottimale

L’invecchiamento normale

La tabella soprariportata è quella ottimale; in particolare significa che il soggetto ha conservato il proprio peso corporeo (che è anche funzione della mole dell’allenamento svolto) e le motivazioni agonistiche (che calano una volta terminato il periodo del recordman o si perdono interessi agonistici). Dopo i 50 solo un’esigua percentuale di sportivi riesce ad avere un invecchiamento ottimale per cui, partendo da una prestazione di circa 4’/km sui 10 km (l’invecchiamento si dovrebbe esprimere in percentuale della velocità e non in senso assoluto, anche se per semplicità si parla per tutti di secondi/km/anno), l’invecchiamento di un runner che da agonista diventa wellrunner, cioè corre per la salute, ragionevolmente è:

  • Dai 50 ai 55 anni: 3″/km.
  • Dai 55 ai 60 anni: 4″/km.
  • Dai 60 a 65 anni: 5″/km.
  • Dai 65 ai 70 anni: 6″/km.

Per cui a 70 anni dovrebbe correre i 10 km in 55’30”, sotto la soglia del test del moribondo.

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COMMENTI E MAIL

L’età non conta

Quando nel 2006 il canadese Ed Whitlock (1931-2017) stabilì il nuovo primato mondiale di maratona over 75 con il tempo di 3h04’54”, a molti il dato sembrò incredibile.

Whitlock aveva praticato atletica da giovane (senza arrivare a livelli lsi, attorno ai 15′ sui 5000 m), poi riprese dopo i quarant’anni nelle file dei master; a 48 anni corse la maratona in 2h31’23” e nel 2003 la corse in 2h54’48”.

Che dire? La cosa più stupefacente non è il tempo in sé, ma che Whitlock avesse conservato le motivazioni per fare atletica agonistica. Secondo la mia tabella il suo livello di peggioramento fra i 48 e i 75 anni doveva essere di 1’03″/km cioè da 2h31’23” sarebbe dovuto passare a 3h15′ circa. i 10 minuti in meno costituiscono un vero e proprio record, probabilmente dovuto al fatto che negli anni la sua motivazione era diventata quella di un professionista e anche al fatto che, a vederlo, il suo peso si era ottimizzato.

In ogni caso, il suo tempo, tradotto a 30 anni, avrebbe dato un 2h08’38”, quindi un tempo a livello mondiale, ma sicuramente non il migliore.

Nell’ottobre del 2013 (82 anni) Whitlock corse la maratona in 3h41′; il dato però non è significativo perché Ed scoppiò nella seconda parte nel tentativo di ritoccare il suo record dell’anno precedente (è passato alla mezza nel folle tempo di 1h44’31”). Riferendoci a questo record (81 anni, 3h30’28”), Whitlock in sei anni peggiorò di ben 36″/km. La spiegazione più evidente è che la sua motivazione fu massima fra i 60 e i 75 anni e che in seguito (giustamente!) avesse vissuto di rendita.

L’importanza della motivazione

Roberto mi segnala: …il fondista etiope naturalizzato israeliano dal 1995 Haile Satain, che lo scorso 11 aprile ha compiuto 50 anni e che il 6 luglio in occasione dei campionati israeliani su pista ha compiuto una strabiliante impresa vincendo la gara dei 5.000 metri in 14’07″05.

Sinceramente la prestazione di Satain non mi stupisce affatto ed è coerente con quanto detto da me più volte. Il suo tempo parametrato a 30 anni equivale a un 12’47”, circa 10″ in più dell’attuale (gennaio 2014) record di Bekele. L’impresa è comunque notevole. Il difficile per un cinquantenne (e la situazione è peggiore per un sessantenne o per un settantenne) è mantenere altissime le motivazioni come accade invece facilmente per un professionista che mira a notevoli guadagni economici o a una vittoria olimpica.

Bisogna ormai rendersi conto che l’invecchiamento può essere rallentato e che non è corretto, come fanno molti, cercare cause oggettive per il “proprio” caso personale come accade nella prossima mail.

Il degrado della prestazione

Caro Roberto,

sicuramente ti ricordi di quando ti ho chiesto informazioni su problemi di doping e di integrazione alimentare, adesso vorrei farti una domanda molto interessante.

Dato che ho compiuto 40 anni e nonostante il fatto che mi sia allenato, se pur con un impegno minore dell’anno scorso, ho notato che rispetto all’anno scorso le mie prestazioni sono decisamente inferiori.

Credevo che fosse un cedimento psicologico, ma proprio oggi parlando con un ex-dilettante di circa 44 anni mi ha riferito che il fatto di essere passato da 39 a 40 anni la prestazione fisica subisce, e questo vale per tutti, un degrado di circa il 30%.

Certamente ho avuto i miei dubbi su questo concetto e allora pensando alla tua notevole esperienza e preparazione ti chiedo di illustrarmi bene la situazione.

Saluti. Domenico

È singolare che ognuno cerchi di vendere la propria verità e questo nella corsa ha spesso effetti devastanti perché si propagano idee, tecniche, strategie che di razionale hanno ben poco. Il 30% di degrado è un dato assurdo, sparato tanto per dire, vuol dire che se correvo i 10000 in 36′ a 39 anni a 40 li dovrei correre in 48′.

Alle persone non piace ridimensionarsi e spesso si cercano alibi, giustificazioni, accade in ogni campo non solo nella corsa: la propria condizione diventa “normale”. Questo atteggiamento rivela una totale mancanza di spirito critico.

Al tuo amico, io potrei rispondere che i miei migliori risultati li ho ottenuti a 46-47 anni (non perché non sono invecchiato, ma solo perché mi allenavo di più, meglio e sono dimagrito rispetto a quando correvo a 25-30 anni!). Oggi ho 60 anni e corro alla stessa velocità di quando avevo 25 anni (ma allora ero 10 chili in più!); rispetto al top da 45-enne avrei dovuto peggiorare di soli 27″, invece sono peggiorato di 40″.

Se analizzo la mia situazione trovo che sono cambiate diverse cose:

a) Nel 2001 a 47 anni ho subito un intervento al tendine d’Achille che mi ha costretto a circa 10 mesi di stop, provocando sicuramente un invecchiamento a gradino di qualche secondo.

b) Poiché i miei compagni di allenamento hanno smesso o hanno adesso orari diversi, mi alleno da solo, spesso per il piacere di correre con mia moglie e mia sorella. Prima ero abituato ad allenarmi morendo dietro a gente che andava più forte di me, ora anche quando tiro, essendo solo, arrivo morto solo al 99%, non al 101%. Prima l’allenamento era professionistico, ora è da ottimo amatore. E c’è una grande differenza.

c) Una concezione più ampliata della corsa mi ha portato a vedere meno interessante la parte agonistica. Io corro per stare bene e per correre per sempre, mi importa relativamente partecipare a una gara dove le persone della mia età gareggiano fra di loro (“quello lascialo andare, tanto non è della nostra categoria”) per guadagnarsi un salame. Mi attira per esempio di più l’idea di superare il test del moribondo a 80 anni!.

Quello che voglio dire è che devi verificare se dietro a quel “se pur con un impegno minore dell’anno scorso” non esistano motivazioni non fisiologiche, ma psicologiche o esistenziali che influiscono sul tuo rendimento. L’importante è che non influiscano sul tuo amore per la corsa.

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