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Allenamento polarizzato

Prima di parlare di allenamento polarizzato, una dovuta premessa. Da qualche anno ho smesso l’attività agonistica vera (cioè orientata alla ricerca della prestazione che, per un wellrunner, ha senso solo nel periodo del recordman) e mi alleno con 50-60 km alla settimana, un programma orientato al mio valore del momento, ma senza cercare a tutti i costi il “tempo”.

La riduzione dei carichi allenanti e la diminuzione della motivazione agonistica hanno portato a un peggioramento di circa 15″/km rispetto a quello che potrebbe essere il mio limite fisiologico (anche perché con questo carico allenante sono mediamente 2 kg sopra il mio vecchio peso forma).

Addirittura durante il periodo della caccia (da metà settembre a Natale) non corro perché sarebbe troppo oneroso allenarsi nei giorni di riposo che mi concedo.

La giornata tipo di caccia al fagiano con Kelly è composta di un training molto variegato che dipende anche dalla selvaggina incontrata e dalla sua propensione alla fuga, visto che un fagiano a volte può comportare un inseguimento al massimo (con fucile, cartucciera e scarponcini) di qualche centinaia di metri, una vera gara di mezzofondo. Mediamente avremo in circa 8 ore di esercizio reale:

  • 6 ore di camminata svelta (a circa 4-5 km/h su terreno di varia difficoltà; i momenti di sosta non esistono perché Kelly non è un cane da ferma e, appena fiuta il fagiano, cerca di catturarlo, quindi devo esserle sempre vicino). Totale: 25 km circa.
  • 1 ora di corsa lenta (quando Kelly accelera, soprattutto nei posti dove sa che è più facile trovare selvaggina; sono tratti di 300-400 m intervallati da cammino). Totale: circa 11-12 km.
  • 30′ di corsa media (quando Kelly è veramente eccitata e… non mi aspetta; anche questi sono tratti che vanno dai 100 ai 300 m). Circa 7 km.
  • 5-10 scatti al massimo: da 30 a 600 m. Delle vere e proprie gare per un totale di circa 1,000 m.

Risultato: a Natale praticamente, senza allenamento specifico alla corsa, vado esattamente come quando mi alleno durante l’anno con ripetute, fondi lenti, medi, fartlek e tutte quelle diavolerie che i runner inventano per andare più forte. Fra l’altro, il mio peso diventa quello che avevo durante l’attività agonistica vera, anzi, a volte vado sottopeso!

Come vedremo, il mio non è che un allenamento polarizzato.

L’allenamento polarizzato

L’allenamento polarizzato (talvolta indicato con la terminologia anglosassone, polarized training) è una metodica di allenamento utilizzata in diverse discipline sportive di endurance (corsa di resistenza, ciclismo, sci di fondo, triathlon, sci ecc.).

Di allenamento polarizzato si parla ormai da alcuni anni e, come spesso accade quando discute di metodiche di allenamento, si trovano, fra gli addetti ai lavori, numerosi estimatori e altrettanti detrattori.

Cos’è l’allenamento polarizzato? Un po’ grossolanamente, ma efficacemente, potremmo come la combinazione di tre tipologie di allenamento:

  • HVT
  • HR
  • HIIT

L’HVT (High Volume Training) è una metodica che prevede una notevole mole di lavoro a bassa intensità; il THR (Threshold Training; allenamento a soglia) è un metodo che prevede un lavoro a un’intensità vicina o uguale alla soglia del lattato, mentre l’HITT (High Intensity Interval Training; interval training ad alta intensità) è un lavoro a basso volume, ma ad alta intensità.

Diversamente da quanto accade con l’allenamento di tipo piramidale (trattato nel nostro articolo Programmazione dell’allenamento), caratterizzato da un volume di lavoro inizialmente molto alto (a intensità medio-basse) che si riduce in modo progressivo (con aumento dell’intensità di lavoro), oppure con l’allenamento a soglia (una delle metodiche più utilizzate nel nostro Paese), caratterizzato da numerosi lavori attorno alla soglia anaerobica e da pochi lavori sopra soglia anaerobica e sotto la soglia aerobica, l’allenamento polarizzato prevede 3 zone:

  • Zona 1: una notevole percentuale (70-75% circa) di lavoro svolto a bassa intensità
  • Zona 2: una discreta percentuale (15-20% circa) di lavoro a soglia anaerobica (che convenzionalmente corrisponde a una concentrazione di lattato nel sangue di 4 mmol/l e alla velocità che un atleta ben allenato può tenere per alcune decine di minuti fino all’ora)
  • Zona 3: una bassa percentuale (5% circa) di lavoro svolto ad altissima intensità, decisamente sopra la soglia anaerobica (oltre le 10 mmol/l).

Fondamentali risultano le capacità di recupero dell’atleta che dovrà essere in grado di recuperare, sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico, in modo ottimale tra un allenamento ad alta intensità e l’altro.

allenamento polarizzato

L’allenamento polarizzato è una metodica utilizzata in diverse discipline sportive di endurance (sci di fondo, triathlon, corsa ecc.).

La settimana tipo

Esistono vari schemi settimanali di allenamento polarizzato; S. Pisana propone il seguente:

  • Lunedì – Allenamento molto intenso
  • Martedì – Allenamento a blanda intensità
  • Mercoledì – Allenamento a media intensità
  • Giovedì – Allenamento a blanda intensità
  • Venerdì – Allenamento molto intenso
  • Sabato – Allenamento a media intensità
  • Domenica – Riposo

Allenamento polarizzato: funziona?

Probabilmente per il professionista sì, ma non certo per l’amatore. Ricordo che già Harald Norpoth, medaglia d’argento nei 5000 a Tokyo nel 1964 lo usava (e tutti lo criticavano perché l’80% dei suoi lavori era a intensità amatoriale).

Il vero problema per l’amatore è la quantità di lavoro che deve svolgere perché possa funzionare. Supponiamo che ci si alleni 6 volte alla settimana per un totale di 70 km. Calcolatrice alla mano, scopriamo che faremo 3,5 km ad altissima intensità e 14 km a media intensità.

L’allenamento di Pisana tradotto in km diventa così:

  • Lunedì – 1,5 km al massimo
  • Martedì – 25 km di fondo a blanda intensità
  • Mercoledì – Fondo medio 7 km
  • Giovedì – 25 km di fondo a blanda intensità
  • Venerdì – 2 km al massimo
  • Sabato – Fondo medio 7 km
  • Domenica – Riposo

Appare subito evidente che un allenamento del genere non è in grado di dare la resistenza e la tenuta necessaria a correre per esempio un 10000 m al massimo. Se rifacciamo i conti con 100 km alla settimana e la settimana tipo diventa questa:

  • Lunedì – Test massimale sui 3000 m
  • Martedì – 25 km di fondo a blanda intensità
  • Mercoledì – Fondo medio 12 km + 10 km di fondo a blanda intensità
  • Giovedì – 25 km di fondo a blanda intensità
  • Venerdì – Test massimale sui 3000 m
  • Sabato – Fondo medio 12 km + 10 km di fondo a blanda intensità
  • Domenica – Riposo

allora può funzionare, ma quanti runner sono in grado di gestire un tale carico di lavoro senza infortunarsi? E soprattutto sono in grado di recuperare in fretta?

Nella versione del cacciatore, l’allenamento polarizzato funziona perché la mia motivazione è agonistica (forse maggiore di quella che mi portava ai miei record personali nella corsa), ma penso che per la maggior parte dei runner alla fine si riveli solo un boomerang e dimostri ancora una volta le differenze fra allenamento amatoriale e allenamento professionistico.

Una differenza che molti allenatori trascurano è che un professionista in un’ora può tranquillamente fare 18 km mentre un amatore cinquantenne non arriva con la stessa fatica a 12, cioè un terzo in meno. Il top runner è cioè decisamente facilitato in tutti quegli allenamenti che richiedono una buona mole di km per essere svolti al meglio.

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