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Primi piatti liofilizzati

I primi piatti liofilizzati sono prodotti disponibili sul mercato ormai da diversi anni.

La liofilizzazione è un processo industriale di preparazione di prodotti alimentari che consiste nell’estrarre l’acqua da alimenti naturali. L’acqua costituisce l’elemento chimico più diffuso anche negli alimenti (nella carne raggiunge il 70-80%, percentuale che sale decisamente in frutta e verdura). Togliendo l’acqua si bloccano i principali processi di degradazione; lo stesso principio è alla base dell’essiccazione mediante sale o esposizione al sole, due dei primissimi metodi di conservazione messi in atto dai popoli primitivi. Nel processo industriale, la disidratazione è effettuata in condizioni di bassa temperatura e di bassissima pressione, per perfezionare il processo dal punto di vista del profilo igienico e per assicurare la conservazione dei principi nutritivi. A differenza di quello che accade con altri processi (come la pastorizzazione), i prodotti liofilizzati conservano intatte proteine e vitamine, ovvero le sostanze che maggiormente si degradano con l’esposizione al calore e alla luce.

Un tempo la liofilizzazione era riservata all’industria farmaceutica e ai prodotti per la prima infanzia. Oggi invece il mercato propone al consumatore piatti pronti liofilizzati, dalle più tradizionali zuppe e minestroni, ai primi a base di pasta e riso. Il loro utilizzo è particolarmente pratico perché l’uso del prodotto liofilizzato è costituito dall’aggiunta della componente acquosa tolta nella fase di produzione. Quindi è sufficiente aggiungere il prodotto all’acqua in ebollizione, senza aggiunta di altri ingredienti. I tempi di cottura dipendono dal piatto, ma generalmente sono molto rapidi (nel caso dei primi a base di riso e pasta alcuni componenti sono precotti). Inoltre l’offerta di questi prodotti è generalmente in buste o vasetti, facilmente modulabili a seconda della porzione che si vuole preparare, senza sprechi o “avanzi” da consumare rapidamente: è sufficiente conservare il prodotto ben chiuso, lontano dall’umidità.

Nel valutare la scelta dei primi piatti liofilizzati occorre considerare due punti essenziali: la genuinità degli ingredienti e l’apporto calorico.

primi piatti liofilizzatiLa genuinità degli ingredienti – Si tratta di un punto particolarmente critico per questa tipologia di prodotti: infatti, anche se la genuinità degli ingredienti è sempre un criterio discriminante, per quanto riguarda i primi piatti pronti liofilizzati, si tratta di una considerazione che spesso fa ritenere molte proposte commerciali scelte da evitare: nei primi piatti liofilizzati spesso sono utilizzati in gran quantità ingredienti dubbi (oli vegetali di seconda scelta per la componente lipidica di zuppe o per i condimenti di risi e paste), se non addirittura da evitare (si aggiudicano i primi posti i grassi vegetali idrogenati, la margarina e il glutammato monosodico).

Sono scelte che, a causa della ricerca di ingredienti di minor costo (surrogati di olio e burro) o che esaltano in modo artificioso il gusto e l’apparenza (esaltatori di gusto, sale e coloranti), rivelano la scarsa qualità dei prodotti. In questa tipologia di alimenti i conservanti non sono necessari, grazie al processo di liofilizzazione, e quindi sono generalmente assenti. Per questa classe di alimenti merita una considerazione particolare il contenuto di sodio, spesso ai primi posti negli ingredienti. Chi deve limitare l’apporto di sodio dovrebbe valutarne attentamente il contenuto (in alcuni casi è riportato esplicitamente) e limitare il consumo di questi prodotti.

L’apporto calorico – Si dovrebbero fare considerazioni diverse a seconda della tipologia di alimenti: un conto è un brodo di verdure o una zuppa, altro è un risotto o una pasta. Si tenga presente inoltre che, essendo prodotti liofilizzati, 100 g di prodotto corrispondono spesso a più di una porzione. Per questo motivo alcuni prodotti riportano anche le kcal per porzione.

È veramente difficile giudicare caloricamente un liofilizzato dalle sole kcal del prodotto.

Se si sa, per esempio, che riso e pasta contengono circa il 13% di acqua e che un sugo può arrivare a contenere il 70% di acqua, se non si esamina la ricetta non è possibile dire se il piatto è calorico o meno.

Va da sé che esistono alternative migliori dal punto di vista nutrizionale (gastronomia fresca, reperibile nei banchi frigo, o surgelati); l’unico vantaggio di acquistare un liofilizzato è avere un prodotto con ingredienti per lo meno decenti a prezzo contenuto. Per questa categoria non si fanno cioè distinzioni caloriche, apprezzando genericamente lo sforzo del produttore che indica le kcal per porzione.

Cosa ne pensa la dieta italiana

La dieta italiana consiglia di evitare il consumo di primi piatti liofilizzati che contengono ingredienti e additivi da evitare (grassi idrogenati, margarina, glutammato). Anche prodotti con ingredienti dubbi (oli o grassi vegetali di seconda scelta) andrebbero valutati attentamente per un uso saltuario. L’assenza di indicazioni nutrizionali per porzioni è un “difetto” che impedisce un controllo attento dell’introito calorico quotidiano, mentre la presenza di aromi non naturali è solo un piccolo dettaglio che esclude il prodotto da una valutazione di scelta ottima.

Il mercato

Rischio salutistico della categoria: alto.

Lo scenario dei prodotti liofilizzati di primi piatti in busta è alquanto deprimente: sono veramente pochi i prodotti che sopravvivono al di fuori della classe da evitare accuratamente, a causa dell’uso massiccio di grassi di pessima qualità, esaltatori di gusto o di sapidità e antiossidanti sospetti.

Vi sono, in questa categoria, aziende “storiche” che, a dispetto del loro “blasone”, non riescono, nonostante la ricchezza dell’offerta, ad avere alcun prodotto che meriti di essere lodato per le sue qualità nutrizionali. Il contesto generale è quindi piuttosto deprimente, anche se vi sono realtà minori che riescono a offrire ricette salutisticamente consigliabili.

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