Il vanadio è un elemento chimico di simbolo V, con numero atomico 23, peso atomico 50,9415, punto di fusione 1.902 °C.
Il vanadio fa parte del gruppo dei metalli di transizione; è un metallo piuttosto raro, molto tenero e duttile che è presente sotto forma di composto in alcuni minerali. Viene utilizzato soprattutto nell’industria metallurgica per la produzione di leghe metalliche.
Nel nostro organismo il vanadio è presente in piccolissime quantità (da 0,1 a 1 mg). Basse concentrazioni di questo metallo sono contenute in alcuni alimenti quali crostacei, frumento, prezzemolo, ravanelli ecc. La sua bassa disponibilità a livello alimentare (che comunque è sufficiente) ha fatto sì che alcune aziende lo abbiano proposto sotto forma di integratore dietetico. La forma utilizzata è quella del vanadilsolfato (formula chimica VOSO4), ma bisogna subito premettere che l’assorbimento del vanadio è molto scarso e per la maggior parte viene espulso dall’organismo in vari modi.
Vanadio (purezza 99,9%)
Il vanadio è un integratore?
Lo scopo di questo articolo è di sottolineare come una sostanza venduta senza prescrizione medica non sia automaticamente un integratore. Infatti il vanadio non entra in nessuna funzione biochimica dell’uomo o degli animali superiori (tant’è che in letteratura non sono presenti segnalazioni di casi di carenza di questa sostanza). Ciò significa che la sua importanza è del tutto marginale, dal punto di vista biologico.
Gli effetti di questo minerale sull’organismo umano devono perciò essere ascritti alla zona di competenza di un farmaco e non di un integratore.
In effetti, si è scoperto che esso può interagire con il metabolismo dello iodio e dell’insulina. In altri termini, può interessare il metabolismo della tiroide e il controllo del glucosio ematico (riduce i livelli di glicemia).
L’azione ipoglicemizzante del vanadio è forse quella che, farmacologicamente, ha attirato maggiormente l’attenzione; i suoi sali, teoricamente, potrebbero essere proposti come farmaci orali per il trattamento del diabete mellito (il vanadio ottimizza l’azione insulinica endogena; svolge, praticamente un’azione insulino-mimetica) in sostituzione dell’insulina.
Il problema è che i dosaggi dei composti del vanadio in grado di influenzare la glicemia sono potenzialmente tossici e quindi non è possibile somministrare i sali del vanadio per trattamenti cronici.
L’assorbimento del vanadio di derivazione alimentare e di vanadio supplementare (in genere il vanadilsolfato), è piuttosto scarso e la gran parte di esso viene espulsa per via fecale; si ritiene che meno del 5% del vanadio dietetico venga assorbito; in minime parti viene espulso anche tramite le urine e attraverso la bile.
Non è stata stabilita una RDA relativamente al vanadio (del resto, come detto, non sono mai stati segnalati stati carenziali); alcuni autori ritengono che l’assunzione tramite integratori potrebbe innalzare i livelli ematici di trigliceridi e colesterolo nonché aumentare la predisposizione a contrarre alcune patologie (tumori cardiaci).
Il vanadio è doping?
A prescindere dalla pericolosità, un’eventuale assunzione di vanadio per migliorare le prestazioni fisiche agendo sulla riduzione della massa grassa e sull’incremento di quella magra (il vanadilsolfato è un integratore che spesso circola nel mondo del body building) o sull’azione dell’insulina deve essere considerata doping a tutti gli effetti, visto che la sostanza di “naturale” ha ben poco.
Per fortuna si tratta di un doping dei poveri, visto che la biodisponibilità della dose assunta è bassissima; insomma il corpo è così intelligente da buttarlo, visto che non gli serve.
Pertanto, chi assume vanadio nella speranza di qualche risultato, sappia che probabilmente il 99% dei suoi soldi saranno buttati.
Un’ultima considerazione riguarda la sua tossicità; la dose tossica di vanadio è quantificata in 25 mg al giorno. È quindi decisamente preoccupante il fatto che molti prodotti presenti in commercio abbiano capsule che vanno da 7,5 a 15 mg!
Effetti collaterali e controindicazioni
La somministrazione di vanadio può causare disturbi gastrointestinali, diarrea, crampi, colorazione verde della lingua e ossidazione delle lipoproteine plasmatiche. Nei fumatori l’assorbimento di vanadio risulta essere ridotto.
Vanadio e cromo possono interferire fra loro.
La dose tossica stabilita per il vanadio è di 25 mg al giorno.
I soggetti affetti da diabete insulino-dipendente e immunocompromessi devono assolutamente evitare l’assunzione di prodotti a base di vanadio. Lo stesso vale per coloro che assumono farmaci a base di determinati principi attivi, quali warfarin, acido acetilsalicilico e insulina.
Una storia curiosa
La storia di questo elemento chimico è abbastanza curiosa. Questo metallo è stato scoperto nel 1801 da un mineralogista spagnolo, Andrés Manuel del Río, che lo definì inizialmente piombo bruno e in seguito paracromo. In seguito, cambiò nuovamente il nome del metallo in eritronio. Un chimico francese ipotizzò che il metallo scoperto dallo spagnolo non fosse altro che del cromo impuro e del Río accettò questa ipotesi e si convinse che quello scoperto non era un nuovo elemento. Il suo lavoro però fu riconfermato in seguito da Friedrich Wöhler, un chimico tedesco, dopo una nuova scoperta del metallo effettuata dal chimico svedese Nils Gabriel Sefström. Fu quest’ultimo a dare a questo metallo il suo nome attuale.