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Hoodia gordonii

Hoodia gordonii è uno dei tanti dimagranti da banco che periodicamente tornano alla ribalta sui costosi mezzi televisivi nazionali. Tutti questi prodotti, fanno una fugace comparsa e poi tornano nell’oblio; poi, dopo un po’ di tempo vengono riproposti con altre diciture o “formulazioni potenziate”. L’esempio più classico che vendere prodotti inefficaci non funziona, anche se supportati da un enorme battage pubblicitario.

Ecco qualche esempio di falliti tentativi “dimagranti”:

  • Fucus vesciculosus
  • Tè verde
  • Garcinia Cambogia
  • Citrus Aurantium
  • Sinefrina
  • Chitosano
  • Glucomannano
  • Rhodiola
  • Guar
  • Bromelina (ananas)
  • ecc.

hoodia gordonii

Per riuscire a restare nel mercato occorre avere prodotti senza gravi controindicazioni (da banco, appunto; quindi niente anfetamine, tipo fentermina e simili); era quindi necessario proporre prodotti nuovi, tali da ingenerare nel cliente di turno il dubbio:

è nuovo, magari funziona!

Se non ha controindicazioni, cosa mi costa provarlo?

Sottile strategia di marketing che si rivolge a soggetti con scarso spirito critico e che non hanno paura di insultare il loro cervello cercando scorciatoie impossibili.

Ma analizziamo più dettagliatamente il prodotto in questione.

La Hoodia gordonii è un cactus della famiglia delle Asclepiadacee coltivato dalla tribù sudafricana dei San (boscimani) che la utilizzano (il fusto) per inibire lo stimolo della fame (i principi attivi sono i pregnanglicosidi) e affrontare lunghe marce nel deserto. Tutto questo è molto pittoresco, anche se spesso la descrizione si spinge nel patetico come nel sito americano in cui si dice che i boscimani la usano per contrastare l’obesità infantile (nel Terzo Mondo?).

La polvere di Hoodia è color senape tendente al verde e la posologia va da 200 a 400 mg prima dei pasti.

La Hoodia gordonii funziona?

Il meccanismo di funzionamento della Hoodia gordonii sarebbe il seguente: il principio attivo (una molecola scoperta nel 1996 e denominata P57) della Hoodia invierebbe al cervello un messaggio di sazietà non appena superato un certo quantitativo di calorie. In sostanza mimerebbe l’azione del glucosio. L’azione della Hoodia partirebbe pertanto dopo un certo introito calorico, stimato attorno alle 2.200 calorie.

Se si leggono attentamente le righe soprariportate si capisce perché la Hoodia non può funzionare come dimagrante da banco.

1) La sua azione non è percentuale, ma è a soglia. Ciò significa che chi è in sovrappeso perché ha un metabolismo basso (come molti over 35-40) è comunque spacciato perché non arriva alla soglia in cui la Hoodia è attiva. La Hoodia non è cioè un anti-fame proporzionale, ma assoluto. Arrivato a un certo limite, scatta l’inibizione. Peccato che questo limite sia superato solo da chi è obeso, non da chi è genericamente sovrappeso.

2) Il limite non è, come riportato erroneamente da alcuni, giornaliero, ma ovviamente è per singolo pasto, come del resto è fisiologicamente comprensibile (del resto simula l’azione del glucosio). Consideriamo un soggetto normopeso di 64 kg per 170 cm di altezza che assume 400 kcal a colazione, 200 (merendina) come spuntino, 1.200 kcal a pranzo, 200 kcal a merenda, 1.000 kcal alla sera e uno spuntino da 200 kcal prima di coricarsi (dolcetto!). Totale: 3.200 kcal al giorno, ben distribuito. Nel giro di un paio di mesi, il soggetto aumenterà (se per fissare le idee supponiamo il suo fabbisogno calorico di 1.900 kcal) di 6-8 kg.

Il nostro esempio, come moltissime altre persone, ingrassa perché mangia sempre, non perché si abbuffa con pasti da 3.000 kcal (come invece fanno gli obesi). Morale: se la Hoodia scatta a 2.200 kcal, l’inibizione nel nostro esempio non scatterà mai e il soggetto avrà sempre fame.

La ricerca di MacLean e Luo (settembre 2004, pubblicata su Brain Res. 1020 (1-2):10-11) non fa altro che sottolineare le difficoltà di un dimagrante da banco. Infatti a fronte di iniezioni intracerebroventricolari di P57 (il principio attivo della Hoodia) in animali si riscontra un aumento dell’ATP del 50-150% nei neuroni ipotalamici. La ricerca conclude che l’incremento di ATP potrebbe essere un segnale per il senso di sazietà basato sulla sensazione di energia.

La ricerca sintetizza le difficoltà dei prodotti da banco a base di Hoodia:

1) quanto principio attivo (P57) è contenuto in 0,5 g di estratto secco di Hoodia (il contenuto classico di una capsula)? Nessuno lo dice.

2) Quanto P57 arriva direttamente nell’ipotalamo? Un conto è parlare di iniezioni intracerebroventricolari e un conto è parlare di assorbimento alimentare.

3) La sazietà non si basa solo sulla sensazione di energia, ma ha anche altre cause.

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