Il glucosio è un monosaccaride (ovvero uno zucchero semplice), peraltro il più diffuso in natura, con formula chimica C6H12O6. In combinazione con altri monosaccaridi forma diversi tipi di disaccaridi quali, per esempio, il saccarosio (il comune zucchero da cucina, combinazione di glucosio e fruttosio), il lattosio (combinazione di glucosio e galattosio) e il maltosio (disaccaride costituito da due molecole di glucosio unite tra loro attraverso legami α; è noto anche come zucchero di malto). Allo stato libero il glucosio è presente in molti vegetali e anche nel miele.
Il glucosio può essere a ben ragione considerato come la fonte energetica principale delle nostre cellule e di quelle di molti altri organismi, semplici o complessi che siano. Nell’uomo viene assorbito nel sangue attraverso le pareti dell’intestino; una parte viene utilizzata per il nutrimento delle cellule cerebrali, mentre quello che non viene metabolizzato viene accumulato nel fegato e nei muscoli sotto forma di glicogeno, un polisaccaride, formato da una lunga catena di molecole di glucosio. Il glicogeno è anche presente, seppure in piccole quantità, nel cuore, nei reni e nel tessuto adiposo. Nei muscoli si trovano circa i due terzi del glicogeno presente nell’organismo (approssimativamente 200-300 g), mentre le scorte epatiche rappresentano pressappoco il rimanente terzo (80-100 g circa).
L’assorbimento del glucosio a livello dell’intestino avviene grazie ai cosiddetti glucotrasportatori, ovvero delle proteine di membrana che ne permettono il passaggio attraverso la membrana plasmatica.
Il glucosio non richiede nessuna elaborazione digestiva e il suo assorbimento è, pertanto, particolarmente rapido; questa caratteristica lo rende uno dei carboidrati semplici a più alto indice glicemico; in molte tabelle, tale carboidrato rappresenta l’unità di misura di tale indice e viene posto a 100. Ricordiamo che l’indice glicemico, in riferimento a un carboidrato, esprime la velocità con cui aumenta la concentrazione di glucosio nel sangue (ovvero la glicemia) in seguito all’assunzione di 50 g del carboidrato che viene esaminato.
Glucosio nel sangue
Nell’uomo il glucosio è, di fatto, la sola fonte energetica del cervello e degli eritrociti (i globuli rossi) e questo è uno dei motivi per i quali è importante che il tasso di glucosio nel sangue si mantenga entro i limiti dell’intervallo di normalità, ovvero tra 65 e 110 mg/dl.
Com’è noto, il tasso di glucosio nel sangue viene regolato tramite una serie di meccanismi neurormonali e metabolici che hanno lo scopo di impedire che vi siano forti oscillazioni, sia in difetto che in eccesso, della concentrazione del monosaccaride in questione.
Una condizione di ipoglicemia (glicemia bassa) viene solitamente percepita dal soggetto se il tasso di glucosio ematico scende al di sotto dei 50 mg/dl; il sintomo principale è un senso generale di debolezza accompagnato da altri sintomi e segni quali pallore, palpitazioni (cardiopalmo), scialorrea (salivazione particolarmente intensa), tremori ecc.
Diversi problemi può creare anche una condizione persistente di iperglicemia; è fondamentale la persistenza per considerare patologica la condizione di iperglicemia; è normale, infatti, che nel corso della giornata il tasso di glucosio ematico superi momentaneamente il limite di normalità; un organismo sano, infatti, gestisce tranquillamente una situazione occasionale di glicemia alta (ma anche di ipoglicemia).
Le condizioni che possono provocare iperglicemia sono numerose, la più nota è senz’altro il diabete mellito, una seria patologia che può avere gravi conseguenze se non gestita correttamente.
Nell’uomo il glucosio è, di fatto, la sola fonte energetica del cervello e degli eritrociti (i globuli rossi) e questo è uno dei motivi per i quali è importante che il tasso di glucosio nel sangue si mantenga entro i limiti dell’intervallo di normalità, ovvero tra 65 e 110 mg/dl.
La scissione del glucosio (glicolisi)
La glicolisi (scissione del glucosio), nota anche come via di Embden-Meyerof, è un importante processo metabolico in anaerobiosi non stretta tramite il quale una molecola di glucosio viene convertita in molecole più semplici; ciò conduce alla produzione di energia sotto forma di ATP (adenosintrifosfato).
La glicolisi avviene attraverso una serie di reazioni catalizzate da enzimi; il processo avviene in dieci tappe (il prodotto di ogni tappa diviene substrato per l’enzima successivo); risultano quindi coinvolti dieci enzimi.
Si parla anche di glicolisi aerobica, ma piuttosto impropriamente perché di fatto viene utilizzato il piruvato e non direttamente il glucosio.
Normalmente, nell’uomo, determinati tessuti hanno un metabolismo di tipo aerobico, ma, in particolari condizioni di carenza di ossigeno, sono in grado di ottenere energia tramite la glicolisi anaerobica; il tipico caso è quello dei tessuti muscolari striati quando sono costretti a sforzi fisici intensi, ma limitati nel tempo (dell’ordine dei minuti); non tutti i tessuti, però, possiedono la stessa capacità di resistere in condizioni di carenza di ossigeno; un tipico esempio è rappresentato dal muscolo cardiaco che mal sopporta una condizione di anaerobiosi.
Per ulteriori approfondimenti su questo punto si consulti il capitolo 7 de Il manuale completo della corsa.
La gluconeogenesi
La gluconeogenesi (anche neoglucogenesi) è un processo metabolico attraverso cui il glucosio viene sintetizzato a partire da precursori non glicidici. Tale processo avviene quando c’è carenza di glucosio nel flusso sanguigno. In buona parte, ma non interamente, la gluconeogenesi è il processo inverso della glicolisi (non tutti gli enzimi coinvolti nei due processi sono gli stessi).
I precursori non glicidici dai quali si ricava glucosio grazie al processo gluconeogenetico sono gli aminoacidi, il glicerolo, l’acido lattico, il piruvato ecc.
Scopo primario della gluconeogenesi è quello di contribuire al mantenimento costante della glicemia.
Questo processo metabolico, fondamentale quando le riserve glicidiche sono prossime all’esaurimento, avviene a livello di diversi tessuti dell’organismo, ma in modo particolare nel fegato.
Una condizione che richiede un ricorso prolungato al processo di gluconeogenesi è il digiuno; se il digiuno è protratto per più giorni è inevitabile che il processo gluconeogenetico inizi a produrre effetti negativi; si ha, infatti, l’intaccamento della massa magra, necessario per la conversione delle proteine in energia (ciò è però causa di un sovraccarico epatico); si ha anche l’utilizzazione dei lipidi (i grassi) che provoca un accumulo di scorte chetoniche. È per questo motivo che il digiuno, al contrario di quanto alcuni sostengono, è una condizione che, se persistente, non purifica l’organismo, bensì contribuisce a intossicarlo.
Nota – Altri termini utilizzati per indicare il glucosio sono: glicosio, glucoso, destrosio o, più “volgarmente”, zucchero d’uva o zucchero d’amido.