Il fosforo è un elemento chimico di simbolo P, con numero atomico 15, peso atomico 30,9738, peso specifico 1,83 kg/dm3, temperatura di fusione 44,15 °C, temperatura di ebollizione 276,85 °C; appartiene alla categoria dei non-metalli.
Il nome deriva dal termine greco phōsphóros che significa portatore di luce (è un elemento particolarmente reattivo e, in combinazione con l’ossigeno, nella sua forma allotropica nota come fosforo bianco o fosforo giallo emette una lieve luminescenza). Il fosforo bianco non è l’unica forma allotropica dell’elemento, si ricordano infatti anche quello rosso e quello nero.
In natura non è presente nel suo stato elementare, ma è assai diffuso sotto forma di fosfati, in particolar modo sotto forma di apatite. Nella crosta terrestre è il dodicesimo elemento in quanto ad abbondanza. In natura è costituito da un solo isotopo non radioattivo, ma in seguito sono stati preparati diversi isotopi artificiali, uno dei più noti è il fosforo-32, una sostanza particolarmente radioattiva il cui utilizzo principale è quello di tracciante nelle ricerche di tipo biologico.
La scoperta di questo importante elemento risale all’anno 1669; il merito va a un alchimista tedesco, Hennig Brand, che lo scoprì dopo aver riscaldato il residuo dell’evaporazione dell’urina. Brand denominò il fosforo fuoco freddo a motivo dei fenomeni luminosi che caratterizzavano l’ossidazione di tale elemento.
Gli utilizzi industriali del fosforo sono variegati; principalmente viene usato nella produzione di prodotti fertilizzanti. Altri utilizzi sono la produzione di esplosivi, fuochi artificiali, pesticidi, detergenti, dentifrici e fiammiferi (in alcune regioni il termine fosforo è utilizzato anche come sinonimo di fiammifero). Un cenno particolare va agli usi in metallurgia; nella stragrande maggioranza dei casi la presenza di fosforo dei metalli risulta dannosa; quando si producono determinati tipi di acciaio, per esempio, viene effettuata un’operazione denominata defosforazione perché la presenza del fosforo li rende più fragili; attraverso la defosforazione si contiene la presenza dell’elemento entro il limite normativo dello 0,05%. Negli acciai da bulloneria le percentuali risultano superiori perché si vuole aumentare la loro lavorabilità. Altri usi in metallurgia sono quelli come disossidante e come componente di leghe madri in cui le percentuali di tale metalloide variano dal 5 al 20% circa.
A cosa serve il fosforo?
L’importanza biologica del fosforo è fuori discussione; questo non-metallo infatti, prevalentemente sotto forma di fosfato, prende parte a numerosi processi di tipo metabolico.
Nell’organismo di un soggetto adulto sono contenuti circa 650 g di fosfato; una buona parte (circa l’80%) è localizzata nelle ossa (sotto forma di fosfato di calcio o idrossiapatite).
È presente, seppure in percentuali decisamente inferiori, nel flusso ematico e in altri liquidi biologici sotto forma di fosfato monosodico e come fosfato bisodico.
A livello cellulare è presente sotto forma di fosfoproteine, fosfolipidi e fosfati organici.
Il fosforo, in qualità di estere fosforico di numerosi composti di tipo organico, entra in gioco nel metabolismo glicidico e risulta di fondamentale importanza per quanto riguarda i processi cellulari di immagazzinamento e successiva liberazione di energia. È inoltre presente nel DNA e nell’RNA e come componente dei fosfolipidi di membrana.
I fosfati inorganici svolgono, insieme al calcio, un ruolo di fondamentale importanza nel metabolismo dei tessuti ossei; inoltre hanno un ruolo importante nel mantenimento dell’equilibrio acido-base e rivestono notevole importanza anche per quando riguarda l’eliminazione, per via urinaria, dei cataboliti acidi.
Squilibri nel metabolismo e nei meccanismi di ricambio del fosforo possono essere causa di diverse patologie; fra queste si ricordano l’insufficienza renale cronica, l’osteoporosi, l’osteomalacia, l’osteite fibrocistica, il rachitismo.
Un’ipofosfatemia cronica grave può provocare anoressia, debolezza muscolare, osteomalacia (che può avere un’evoluzione in rabdomiolisi), anemia emolitica, disturbi a livello di funzionalità piastrinica ecc.
Da un punto di vista tossicologico il fosforo bianco può essere causa di diversi problemi; con il termine fosforismo, in medicina, si indica un avvelenamento cronico da fosforo o da suoi composti; il fosforismo è perlopiù correlato a cause professionali e la sua sintomatologia è alquanto variegata (dolori all’epigastrio, astenia, ittero, paralisi periferica, disturbi della sensibilità, albuminuria ecc.).
Vista la sua pericolosità il fosforo bianco va maneggiato con estrema cautela (la dose letale media di tale allotropo del fosforo è 50 mg); a contatto con la cute può essere causare ustioni.
Fabbisogno giornaliero di fosforo
Il fosforo è presente in molti alimenti; fra quelli in cui la sua presenza è importante (i dati si riferiscono a 100 g di alimento e sono espressi in mg) ricordiamo il lievito per prodotti da forno (2.191), i semi di zucca (1.233), i cereali Kellog’s All-bran (1.150), la crusca di grano (1.013), il latte in polvere scremato (968), il merluzzo sotto sale (950 mg), le proteine isolate della soia (862 mg), il germe di grano (842), il formaggio pecorino (760), il sesamo (734), il formaggio parmigiano (694) e il lievito di birra secco (637).
Il fosforo presente nei cibi di origine animale risulta maggiormente biodisponibile.
Per quanto riguarda il fabbisogno quotidiano, l’apporto necessario varia a seconda di sesso, peso ed età. Nella tabella sottostante si evidenziano i vari quantitativi suddivisi per categorie.