La piramide mediterranea è un modello usato per descrivere il regime alimentare di molte popolazioni dell’area geografica che gravita attorno al Mediterraneo. Fu formalizzata per la prima volta nel 1994 a opera di tre importanti organismi dedicati allo studio dell’alimentazione: la Oldways Preservation and Exchange Trust, la Harvard School of Public Health e la World Health Organization. Essa si basa su uno studio scientifico riguardante le popolazioni di sette paesi: Stati Uniti, Italia, Finlandia, Grecia, Yugoslavia, Paesi Bassi e Giappone. Lo studio, documentato nella letteratura scientifica da uno dei suoi principali coordinatori, Ancel Keys [1-3], va sotto il nome di Seven Countries Study, tra le altre cose esso prende in analisi le abitudini alimentari di oltre 12.000 abitanti, di media età, scelti in modo causale, dei sette paesi in questione.
I ricercatori hanno analizzato l’incidenza delle morti per malattie coronariche nelle popolazioni, cercando di identificare le ragioni della bassa incidenza di tali patologie nelle popolazioni dell’area mediterranea (Grecia e Italia in particolare). I risultati sono stati spiegati dall’enorme importanza attribuita nell’alimentazione mediterranea a frutta e verdura, cereali, legumi e pesce e alla limitazione delle carni, dei latticini e in genere dei grassi saturi. Questi ultimi alimenti, fortemente limitati nella dieta mediterranea, risultano invece centrali nell’alimentazione degli Stati Uniti e in Finlandia, paesi dal più elevato indice di mortalità per malattie cardiache.
Forte di queste conclusioni, è stata quindi elaborata la piramide mediterranea, avente come scopo preventivo proprio quello di privilegiare gli alimenti più indicati per conservare l’efficienza e la salute di cuore e arterie.
Piramide mediterranea: la disposizione degli alimenti
La piramide mediterranea è molto simile a quella asiatica, in quanto privilegia i carboidrati e penalizza proteine animali e grassi. La carne occupa infatti l’apice della piramide, seguita, procedendo dall’alto verso il basso, dai livelli dei dolci, di uova, di pollame, di pesci, formaggi e yogurt, e olio di oliva. Sotto questo livello si trova un livello composito, popolato da frutta, legumi, noci e legumi e verdura. La base della piramide è costituita da pane, pasta, riso, polenta, cereali e patate. In una versione proposta dai promotori dello stile di vita mediteranneo-asiatico (!), la piramide si appoggia su una base di esercizio fisico giornaliero, anche se tale indicazione non compare in tutte le descrizioni della piramide mediterranea.
Le indicazioni per ogni livello della piramide mediterranea
Fino al livello di formaggi e yogurt gli alimenti si possono consumare giornalmente (senza indicazioni di quantità, anche approssimative). Dal livello del pesce ai dolci il consumo consigliato è quello settimanale (ovvero poche volte alla settimana), mentre la carne ha un consumo mensile.
Bevande
L’unica bevanda prevista è l’acqua, mentre si consiglia di bere il vino “con moderazione”.
Indicazioni mancanti o parziali
Oltre alla mancanza di una qualsiasi indicazione quantitativa precisa sulle porzioni e sul consumo mensile e settimanale (istruzioni vaghe come “poche volte al mese”), nella piramide non si accenna esplicitamente all’uso dello zucchero e dei condimenti: l’unica precisazione riguarda l’uso quotidiano dell’olio di oliva.
Conclusioni
La piramide alimentare mediterranea, oltre ad avere tutti i limiti intrinseci dei piani alimentari basati su piramidi, ha il difetto di mettere al piano inferiore (quello fondamentale) pasta, pane, riso ecc. Si tratta sicuramente di alimenti ottimi, ma che non si possono mangiare a volontà tutti i giorni se si vuole conservare il peso forma. La demonizzazione dei grassi saturi ha portato a privilegiare oltre misura l’olio di oliva, peraltro non quantificato nell’apporto quotidiano, con il rischio di far fallire il piano alimentare, nel caso la sua aggiunta ai piatti cucinati o alle verdure sia eccessivamente “generosa”. Infine, la demonizzazione delle carni rosse (in cima) a scapito delle carni bianche (il pollo è tre livelli più sotto) è un’altra convinzione obsoleta e ormai abbandonata nell’alimentazione moderna.
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Bibliografia
[1] Kromhout D, Keys A, Aravanis C, et al. – Food consumption patterns in the 1960s in seven countries. American Journal of Clinical Nutrition (1989) 49:889-894.
[2] Keys A. – Seven countries: a multivariate analysis of death and coronary heart disease. London: Harvard University Press, 1980.
[3] Keys A. – Mediterranean diet and public health: personal reflections. American Journal of Clinical Nutrition (1995) 61:1321S-1323S.