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Dieta italiana (teoria)

Vai all’articolo generale (Dieta italiana).

Nel 1999 ideai la pentadieta, un regime alimentare che nasceva partendo dai reali fabbisogni dell’organismo. La dieta italiana è un superamento della pentadieta in senso non ortoressico. Infatti anche la pentadieta era un approccio troppo teorico all’alimentazione, anche se è riuscita a scoprire alcune delle regole fondamentali della dieta italiana, in particolare la necessità di un’attività fisica e la ripartizione dei macronutrienti. La pentadieta è stata comunque un punto importante perché ha consentito di capire esattamente come ognuno di noi può personalizzare la propria alimentazione.

I passi per comprendere esattamente la teoria dei macronutrienti sono:

a) conoscere il fabbisogno glicidico

b) conoscere il fabbisogno proteico

c) conoscere il fabbisogno calorico giornaliero

d) conoscere il fabbisogno sportivo

e) conoscere la ripartizione finale dei macronutrienti.

Il concetto fondamentale è che:

poiché i vari fabbisogni possono essere espressi solo come approssimazioni, è un atteggiamento ortoressico pretendere di estrapolare dati estremamente precisi con validità generale.

Occorre capire che ogni individuo tratta diversamente i cibi proprio come ogni auto (anche a parità di cilindrata) tratta diversamente il carburante, per cui è ottimistico sperare di indicare con estrema certezza dei dati generali. Inoltre i vari fabbisogni vengono soddisfatti con alimenti le cui caratteristiche sono comunque approssimative (le calorie di un melone vanno per esempio da 34 a 55 per ogni 100 g).

Il soggetto ideale

dieta italiana (teoria)Consideriamo un soggetto medio ideale, completamente sedentario.

Indicato con P il peso del soggetto, i dati significativi sono.

Il fabbisogno glicidico (carboidrati) FG – Il fabbisogno giornaliero di glucosio per il cervello e per il sangue è espresso in grammi in 2,6*P e in calorie in 10,3*P.

Il fabbisogno proteico FP – Tale fabbisogno espresso in grammi è 0,83*P e in calorie 3,3*P.

Il fabbisogno calorico giornaliero FCQ – Tradizionalmente il fabbisogno calorico si esprime come:

FCQ=MB+MA

dove MB è il metabolismo basale (compreso il metabolismo legato alla digestione dei cibi) e MA è il dispendio calorico legato all’attività del soggetto.

Su molti testi si trovano sia le valutazioni del metabolismo basale (MB) sia quelle legate all’attività del soggetto (MA). Purtroppo tali valutazioni sono spesso errate in quanto non si tiene conto che:

a) Non ha senso calcolare il metabolismo basale a partire dal semplice peso del soggetto (si nutrono anche i grassi); occorre partire dalla massa magra.

b) Il metabolismo basale diminuisce nettamente in soggetti che incrementano la loro attività fisica o si sottopongono a diete ipocaloriche (una riduzione che può arrivare al 45% nel caso di grandi obesi giovani fortemente dimagriti, mentre in genere per persone in semplice sovrappeso si parla di un 10-15%). Infatti diminuisce il peso, ma diminuisce anche la massa magra (che è bene ricordare non è rappresentata dai soli muscoli, ma è “tutto ciò che non è grasso”, quindi anche l’acqua legata al grasso superfluo).

c) Il metabolismo basale dipende dalla dieta. Per esempio un pasto induce una maggior termogenesi (legata alla richiesta di energia necessaria alla digestione) se è più ricco di proteine.

d) Il metabolismo d’attività è decisamente sovrastimato. Un soggetto di 62 kg che scrive un’ora al computer spende solo 18 calorie all’ora in più rispetto alla condizione di riposo. Se si suppone che dorma 9 ore e che sia particolarmente sedentario (quando non scrive al computer si sposta in macchina o guarda la televisione) si scopre che per le attività giornaliere spende circa 150 calorie oltre a quelle basali; se cammina per un’ora al giorno (cioè se si sposta a piedi o è solito fare una blanda attività fisica) occorre aggiungere circa 220 calorie (370 in totale). Queste due condizioni sono comuni per moltissime persone (i soggetti che definiremo sedentari) che svolgono un lavoro d’ufficio o che comunque non comporti lunghi spostamenti a piedi o lavoro fisico continuo. Pertanto il metabolismo d’attività per un sedentario può andare dalle 150 alle 400 calorie (per 60-70 kg di peso).

Come abbiamo visto il punto a) è quello che ha portato la dietologia tradizionale a sovrastimare i fabbisogni giornalieri. Se si consultano tabelle tradizionali si trova che un sedentario standard di 70 kg (supponiamo con massa grassa del 20%) dovrebbe bruciare 2350 calorie, mentre un atleta (con 10% di massa grassa) dello stesso peso che si alleni una volta al giorno circa 2950. Se la differenza è corretta, certo non lo è il punto di partenza, perché con 2350 calorie al giorno il sedentario rimarrà sempre una persona sovrappeso.

Combinando i punti a) e b) si può molto grossolanamente indicare che per il nostro soggetto ideale (adulto, over 25 anni):

MB=28*MM

dove MM è la massa magra in chilogrammi.

Così il sedentario sopraccitato dovrebbe (o potrebbe, allenando correttamente il suo corpo a mangiare di meno) avere un MB di circa 1600 calorie. Se è veramente un sedentario, aggiungendo altre 200 calorie (MA) si arriva a 1800, 550 in meno rispetto a quelle tradizionali.

Queste 550 sono le calorie che vanno a nutrire la massa grassa, impedendo al soggetto di dimagrire. Ricordo che alcune formule fanno riferimento all’età e al sesso: riferendoci alla massa magra, anziché al peso si superano questi problemi (se ci si riferisce al peso il riferimento con l’età può essere giustificato in quanto con l’età la massa muscolare tende a diminuire).

Purtroppo il punto d) è facilmente teorizzabile solo per chi ha un’attività verosimilmente sempre equivalente dal punto di vista energetico; ci si può rifare alla tabella delle attività per avere i consumi calorici aggiuntivi rispetto alla condizione di riposo. Chi ha un’attività decisamente variabile (supponiamo un imbianchino il cui flusso di lavoro varia nell’arco della settimana) potrà avere soltanto utili indicazioni. Per convincersene basta ricordare che:

un eccesso di 100 calorie al giorno porta a un aumento di peso di 4-8 kg all’anno.

Il fabbisogno sportivo FS – Finora si è supposto che il soggetto non praticasse nessuna attività sportiva. Ogni sport ha il modello nutrizionale e ci si dovrebbe rivolgere a un esperto del settore per il calcolo dei consumi. Genericamente si può dire che i fabbisogni dipendono dalla durata e dall’intensità dello sforzo. Si calcola il fabbisogno totale, quello di proteine e quello di carboidrati: per differenza (totale – carboidrati – proteine) si trova banalmente il fabbisogno di grassi. Ovviamente bisognerebbe studiare il singolo atleta per essere precisi, ma generalizzando si possono dare alcuni dati. Per la corsa i dati sono i seguenti (km sono i chilometri percorsi):

Totale: il fabbisogno sportivo FS in calorie è = km*P. La formula è una semplificazione molto realistica, visto che in letteratura si trova che con corsa “economica al massimo” il dispendio è 0,82*km*P (cioè chi corre male ha un dispendio superiore).

Proteine: l’aumentato fabbisogno proteico in calorie  è dato da FSP = Kp*km*P, ove Kp può variare da 0 a 0,28 a seconda dell’intensità e della durata dello sforzo. Un atleta di 70 kg che percorre 10 km di corsa a un buon ritmo (relativamente alle sue possibilità) ha un aumentato fabbisogno  proteico di circa 30-50 calorie. Il fabbisogno proteico fa riferimento al peso anziché alla massa magra in quanto le richieste energetiche e i microtraumi provenienti dalla corsa dipendono dal peso del soggetto: un obeso fa molta più fatica a salire le scale rispetto a chi è un fuscello! Il processo per il quale alcuni aminoacidi vengono trasformati in glucosio (poi usato come fonte energetica) dipende dall’intensità del lavoro e dalla durata: in un lavoro leggero di circa 40′ solo il 4% dell’energia proviene dalle proteine; dopo 4 ore di lavoro leggero ben il 45% del glucosio liberato dal fegato proviene dalle proteine e il contributo energetico delle proteine è pari al 10-15% del totale.

Glicidi: l’aumentato fabbisogno glicidico in calorie  è dato da FSG= Kc*km*P, ove Kc può variare da 0,5 a 1 a seconda dell’intensità e della durata dello sforzo. Per sforzi a massima intensità Kc vale 1, mentre vale 0,5 per sforzi a intensità molto bassa e per atleti allenati a bruciare i grassi. Inoltre le riserve di carboidrati immagazzinate nei muscoli e nel fegato non sono sufficienti a compiere sforzi di lunga durata (tipicamente una trentina di chilometri di corsa al massimo). Un atleta di 70 kg che percorre 10 km di corsa al ritmo gara ha un aumentato fabbisogno  glicidico di circa 700 calorie.

La ripartizione – Il fabbisogno calorico giornaliero totale è FCT=MB+MA+FS; la quantità di glicidi GLIC è data da FG+FSG; la quantità di proteine PROT è data da FP+FSP; quella di lipidi si trova per differenza ed è data da FCT-GLIC-PROT.

Un esempio

Dovrebbe essere ormai chiaro che i conti esatti sono soggettivi. Infatti sono soggettivi:

a) Il metabolismo basale

b) Il metabolismo di attività

c) Il fabbisogno sportivo totale

d) La quota proteica di fabbisogno sportivo

e) La quota glicidica di fabbisogno sportivo.

È però possibile ricavare interessanti risultati considerando un caso particolare e provando a variare poi alcune variabili.

Consideriamo Carlo, un soggetto di 70 kg con massa grassa del 15% che ha 42 anni, svolge un lavoro sedentario, va al lavoro in auto, e dorme nove ore per notte. Ogni giorno si fa la sua corsettina di sei chilometri a ritmo non impegnativo. Facciamo i nostri conti.

Il fabbisogno glicidico FG è di 721 calorie, quello proteico FP di 231 calorie. La massa magra di Carlo è di 59,5 kg (70 kg – 15%) e il suo fabbisogno calorico giornaliero è FCQ=28*59,5+300 (300 è il fabbisogno calorico stimato dal lavoro, dalle modalità con cui Carlo va al lavoro, dalle attività che svolge quando torna a casa ecc.) = 1966. Il suo fabbisogno sportivo è di 420 calorie (FS = 70*6), il suo fabbisogno proteico sportivo è FPS=70*6*0,1= 42 calorie, mentre quello glicidico è FSG = 70*6*0,7 = 294 calorie.

Quindi il suo FCT (fabbisogno giornaliero totale) è: FCQ + FS = 2386 calorie. Con queste calorie Carlo non diminuirà di peso e potrà svolgere proficuamente il suo lavoro e la sua attività sportiva. La sua ripartizione è:

proteine = 231 + 42 = 273 calorie

glicidi = 721 + 294 = 1015 calorie

lipidi = 2386 – 1015 – 273 = 1098 calorie

La ripartizione è 42,5-11,5-46 (cioè 42,5% carboidrati, 11,5% proteine, 46% grassi). Scioccati per i bassi contenuti di proteine e di carboidrati e quello alto di grassi? Riflettiamo su cosa non vada nella vita di Carlo dal punto di vista alimentare-sportivo. Non è certo obeso, ma non è certo magro: chi pratica attività sportiva sufficientemente intensa riesce ad arrivare a una massa grassa del 10-12%. Inoltre la sua attività sportiva (mezz’ora di corsetta ogni giorno) è troppo blanda e per gestirla il corpo ha bisogno soprattutto di grassi. Ciò comporta che se si aumentano le proteine e si diminuiscono i grassi come in una dieta (50-20-30), gran parte delle proteine sarà comunque stoccata come grasso, costringendo il fisico a un lavoro in più per avere a disposizione il carburante che gli serve. Sostanzialmente la vita di Carlo è troppo “blanda”.

Supponiamo che Carlo decida di movimentarla, mettendosi a dieta, scendendo a una percentuale di massa grassa del 10% con peso di 66,5 kg (la massa magra ha perso l’acqua legata al grasso che se ne va, ma ha acquistato i muscoli che sono aumentati a caussa della maggiore attività fisica) e portando la corsa a 10 km quotidiani (45 minuti) a media intensità. Rifacendo tutti i calcoli si troverebbe che la ripartizione sarebbe (46,6-13,9-39,5). Se si portasse l’esercizio fisico a un’ora si arriverebbe a una ripartizione molto vicina a 50-20-30 tipica della dieta italiana.

Cosa è successo? Dimagrendo e aumentando l’attività sportiva (non solo in termini di quantità quanto di qualità, cioè di intensità), i fabbisogni sono diventati più bilanciati.

Il modello teorico ha cioè mostrato che per avere un’alimentazione bilanciata che soddisfi i reali bisogni del nostro corpo:

  • il soggetto deve essere magro;
  • deve svolgere un’attività sportiva continua e di almeno media intensità;
  • può utilizzare una ripartizione vicina alla semplice 50-20-30.

Vai a Le linee guida dell’alimentazione.

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