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Dieta iperproteica (dieta chetogenica)

La locuzione dieta iperproteica (anche dieta chetogenica) non viene sempre utilizzata a proposito, nemmeno dagli addetti ai lavori.

Nell’articolo sulle diete low carb (ovvero quei modelli alimentari che prevedono un basso apporto di carboidrati) abbiamo spiegato che ogni dieta iperproteica è low carb, ma il termine iperproteica andrebbe usato solo nel caso di quelle diete low carb che:

  • hanno un alto apporto di proteine;
  • si basano teoricamente sul meccanismo della chetosi (per questo sono anche dette chetogeniche; rimandiamo all’articolo Acetonemia coloro che volessero approfondire questo punto).

Per esempio, è più corretto definire la dieta Atkins semplicemente low carb (anche se può generare fenomeni di chetosi) perché, demonizzando i carboidrati, il suo ideatore voleva soprattutto limitare l’azione dell’insulina.

Sono invece diete iperproteiche vere e proprie la dieta Mayo e la dieta Scarsdale fino alle più recenti tisanoreica, dieta Dukan o dieta del sondino (si rimanda a un’attenta lettera dei vari modelli alimentari per prendere coscienza delle varie problematiche legate alla singola proposta).

Principi della dieta iperproteica

Come detto, le diete iperproteiche sono anche denominate chetogeniche; tale denominazione è legata al fatto che tali regimi alimentari inducono un fenomeno metabolico noto come chetosi.

La dieta chetogenica è stata ideata quasi un secolo fa dai pediatri Rollin Woodyatt and Mynie Peterman per il trattamento di bambini soggetti a epilessia; poi, come spesso accade in ambito dietologico, alcuni nutrizionisti hanno pensato di sfruttare un regime alimentare nato con tutt’altri scopi (il tipico caso è quello della dieta del sondino) proponendolo come strategia contro il sovrappeso.

L’idea di fondo delle diete iperproteiche (il plurale è d’obbligo perché, in effetti, esistono varie proposte) è che riducendo drasticamente la quota di carboidrati e innalzando decisamente quella riservata alle proteine e ai lipidi si può evitare l’accumulo di grasso e favorirne l’utilizzo a scopi energetici.

Per seguire una dieta iperproteica è quindi necessario diminuire notevolmente la quota glicidica; ciò porta all’eliminazione totale (o quasi) di frutta e alla notevole riduzione delle verdure.

Una dieta così strutturata favorisce l’induzione di chetosi (anche acetonemia), termine con quale si fa riferimento a un accumulo di corpi chetonici nel sangue. Tale fenomeno, detto per inciso, si verifica anche quando un soggetto pratica il digiuno.

In queste circostanze, l’organismo risponde ricavando il glucosio di cui necessita sintetizzandolo da precursori non glicidici; questo processo metabolico è noto come gluconeogenesi (anche neoglucogenesi) e che viene attivato dalla carenza di glucosio nel flusso sanguigno. I lipidi però, pur presenti in notevole percentuale nei regimi chetogenici, non possono essere utilizzati a fini energetici (ricordiamo, come molti già sapranno, che i grassi non possono essere bruciati – o possono esserlo soltanto molto marginalmente – se non è disponibile una quantità sufficiente di carboidrati) e l’organismo, prima di utilizzarli, è “costretto” a trasformarli in corpi chetonici (acetone, aceto acetato e  3-Β-idrossi-butirrato); è in particolar modo il cervello che si adatta all’utilizzo di questi metaboliti.

Pur derivando dal metabolismo dei lipidi, i corpi chetonici hanno determinate caratteristiche che li rendono simili agli zuccheri, in primis la loro notevole velocità di immissione e la rapidità di utilizzo.

Chetosi: quali vantaggi?

A questo punto è d’obbligo una domanda: è vantaggioso sfruttare il fenomeno della chetosi? Se osservassimo la questione prendendo in considerazione solo l’aspetto dimagramento, la risposta da dare è: sicuramente sì; infatti, la chetosi può aiutare notevolmente chi vuole dimagrire e i motivi principali sono tre; il primo è legato al fatto che una notevole presenza di corpi chetonici riduce drasticamente l’appetito, il secondo è che i corpi chetonici prodotti in eccesso vengono espulsi con le urine (si ha quindi, di fatto, un’espulsione dei prodotti del metabolismo lipidico attraverso le funzioni urinarie) e il terzo è che la chetosi fa sì che il metabolismo sia maggiormente orientato al consumo dei lipidi favorendo, conseguentemente, il dimagramento.

In realtà, la questione è decisamente più complessa e deve essere osservata nella sua interezza perché a fronte dei pochi vantaggi legati all’adozione di una dieta iperproteica, sono presenti anche diversi problemi, peraltro non sempre di poco conto. Fra questi ricordiamo, in primis, l’affaticamento di reni e fegato provocato dal superlavoro cui sono sottoposti per smaltire i corpi chetonici.

Un altro problema è poi rappresentato dalle inevitabili carenze vitaminiche e di minerali legate all’eliminazione quasi totale di frutta e verdura; non è un caso, infatti, che a coloro che scelgono questi regimi alimentari vengano generalmente consigliate integrazioni vitaminiche e di minerali.

Altri problemi cui vanno spesso incontro coloro che scelgono una dieta iperproteica sono alitosi, astenia, cefalea e stitichezza.

Un’altra cosa di cui si deve tenere conto nel caso si opti per un regime alimentare iperproteico è il rischio che lo stato di chetosi evolva in chetoacidosi (un’emergenza clinica tipica dei soggetti affetti da diabete mellito di tipo 1); quest’ultima è una condizione che può avere gravissime conseguenze, come il coma o addirittura la morte. Questo è uno dei motivi per i quali molti modelli alimentari chetogenici vengono proposti soltanto per periodi di tempo limitati.

La questione se una dieta iperproteica possa anche essere causa di un innalzamento dei livelli ematici di colesterolo e trigliceridi è controversa; in molte persone, infatti, si verifica l’esatto opposto.

Dieta iperproteica

A fronte dei pochi vantaggi legati all’adozione di una dieta iperproteica, sono presenti anche diversi problemi, peraltro non sempre di poco conto

Coefficiente di digeribilità e diete iperproteiche

I sostenitori delle diete iperproteiche perorano un’alta percentuale di proteine nella dieta anche perché, a causa di un fattore di digeribilità inferiore, farebbero ingrassare di meno. Relativamente a questo punto rimandiamo all’articolo Coefficiente di digeribilità, dove la questione è trattata nel dettaglio.

Dieta iperproteica: funziona?

A questo punto, considerato tutto quanto esposto prima, è il momento di porsi la domanda più importante: la dieta iperproteica funziona?

Come si capisce dalla lettura dei paragrafi precedenti, una dieta iperproteica può suscitare, a seguito di un’analisi superficiale, un certo interesse, legato soprattutto a un dimagramento abbastanza consistente in tempi piuttosto brevi. A ben vedere però, dimagrimenti rapidi e di una certa entità sono ottenibili con molti altri regimi alimentari, non solo con quelli iperproteici.

Il problema fondamentale è che un regime alimentare equilibrato non deve soltanto consentire un certo dimagramento, ma anche far sì che i chili persi non vengano recuperati nel giro di pochi mesi (problema noto come effetto yo-yo) e soprattutto non devono basarsi su strategie che possano comportare rischi per la salute.

In conclusione, visto quanto esposto non sembrano esserci particolari indicazioni che portino a preferire un modello di dieta iperproteica, regime alimentare che, lo ribadiamo, può illudere nel breve termine di un dimagramento in tempi rapidi (dovuto essenzialmente, non dimentichiamolo, alla perdita di liquidi e di glicogeno), ma che alla lunga diventa praticamente impossibile da gestire e potenzialmente rischioso.

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