Cosa sono i cibi impoveriti? Cibo impoverito è un’espressione che troppo genericamente si associa al termine dannoso (nocivo). In realtà, sarebbe opportuno limitarsi al significato letterale della locuzione. Si tratta infatti di un alimento che ha perso in parte, ergo non totalmente, le caratteristiche originarie. Quindi qualcosa di buono lo conserva.
Un esempio classico può essere lo yogurt alla frutta di un discount che contiene solo il 2% di frutta e il cui gusto è realizzato con aromi.
Di vitamine ce ne saranno pochissime, ma il prodotto fornirà comunque una certa dose di proteine.
Altro esempio è il tanto bistrattato zucchero raffinato. Secondo i suoi detrattori:
- la raffinazione farebbe perdere per strada sostanze utilissime;
- la raffinazione avrebbe introdotto contaminanti;
- lo zucchero sottrarrebbe importanti sostanze per la sua metabolizzazione.
A prescindere dal fatto che ogni sostanza per essere metabolizzata assorbe risorse, dal fatto che le sostanze perse dalla raffinazione sono in quantità minima e dal fatto che i contaminanti sono praticamente assenti, si dimentica che la principale funzione dello zucchero è di fornire calorie. E quello raffinato ci riesce fin troppo bene (da qui il consiglio di moderarne il consumo).
Impoverimento e salute
A essere onesti, si deve dire che l’impoverimento è soprattutto una truffa per le tasche del consumatore, quando non è palese, piuttosto che un attentato alla sua salute. Infatti, nonostante i cibi siano molto più impoveriti rispetto a 100 anni fa, nella popolazione dei Paesi industrializzati non si trovano le caratteristiche patologie da carenza che si trovavano nelle popolazioni degli stessi Paesi un secolo prima.
Quindi è puro allarmismo e pessimismo salutistico, pensare che i cibi impoveriti facilitino gravi carenze: la normale alimentazione anche con cibi impoveriti è comunque sufficiente ad assicurare quelli che alcuni ritengono essere i livelli minimi di micronutrienti (vitamine in primis).
Chi ritiene invece che l’alimentazione non possa essere sufficiente a coprire i fabbisogni di certe sostanze deve comunque riferirsi all’integrazione e/o a cibi arricchiti.
Il giudizio
Come si può valutare dai due esempi sopraindicati, è abbastanza chiaro che il giudizio su un cibo impoverito deve essere pronunciato in base all’utilità residua.
In altri termini, si tratta di valutare di quanto si sia impoverito rispetto alle sue caratteristiche originarie. Nel caso dello zucchero, poiché la caratteristica principale dell’alimento è il supporto calorico (la quantità di micronutrienti è veramente bassa anche nello zucchero non raffinato), lo zucchero raffinato è un cibo poco impoverito; nel caso dello yogurt del discount, la perdita di un 10% almeno di frutta cambia completamente l’alimento, è un cibo molto impoverito (per esempio da un 14% si passa a un 2%).
Cosa causa l’impoverimento
Nel caso di cibi semplici, l’impoverimento dei cibi è sostanzialmente dovuto alla loro lavorazione, dove con tale termine si intende ogni processo che porta il cibo sulla tavola del consumatore, dalla raccolta alla trasformazione, alla conservazione.
Non è possibile dare regole generali perché ogni caso deve essere valutato a sé stante, confrontando il prodotto ideale con quello finale. Per esempio, è sicuramente utile nutrirsi di ortaggi freschi, ma per esempio un ortaggio surgelato può essere meno povero di un ortaggio lasciato per tre giorni nel negozio del fruttivendolo a temperatura ambiente.
Nel caso di cibi elaborati, oltre alla lavorazione, entrano in gioco i costi di produzione che possono portare a utilizzare per un cibo complesso ingredienti già impoveriti. È il caso del latte in polvere rispetto per esempio al latte fresco. Il latte in polvere è utilizzato in numerosissimi alimenti.
Come si copre l’impoverimento
Con due strategie molto diverse, la prima esecrabile, la seconda tutto sommato logica.
Con la prima strategia si utilizzano ingredienti poveri, a basso costo, facendo in modo che con il loro mix il prodotto sia comunque molto gustoso. praticamente con acqua, zucchero, grassi vegetali e aromi è possibile simulare tantissimi alimenti.
L’impiego di aromi, di sale e di esaltatori di sapidità (glutammato) è la strategia più comune per ridare sapore a un cibo tanto povero da avere perso il gusto originario. Di per sé gli aromi (spesso identici, cioè di natura chimica, ma del tutto simili molecolarmente a quelli naturali) non sono nocivi, ma sono un vero e proprio inganno ai danni del consumatore, inganno tanto più grave quanto più il prodotto è diverso da quello originale. Ovvio che un sugo al pesto fatto con insipido olio di girasole e aromi di basilico debba considerarsi un inganno molto più grave di un dolce dove l’aroma di cannella è ottenuto con aromi chimici.
La seconda strategia è quella di aggiungere ciò che è stato perso, almeno per quanto riguarda le sostanze più importanti. Si ottengono così cibi impoveriti arricchiti. Nonostante il gioco di parole, il cibo finale non è uguale a quello originario, prima dell’impoverimento perché solo poche sostanze sono state ripristinate e in forma spesso non del tutto paragonabile a quella originaria (per esempio alcune vitamine vengono assorbite in modo diverso rispetto alla forma in cui si trovano nel cibo).